TOM MIDDLETON, Lifetracks (Big Chill, 2007)

Non è affatto un caso che il nome di Tom Middleton venga così spesso associato al concetto di bellezza. Lui che – gemello aphexiano separato alla nascita – è l’esatta metà della leggenda Global Communication, un pezzo di storia della musica elettronica degli ultimi quindici anni, addomesticata e manipolata in gloriosa trasversalità specie nel corso del lungo sodalizio con Mark Pritchard. Lui che, uomo dai mille monikers e dalle molteplici sembianze (Jedi Knights, Reload, Cosmos, AMBA, fra le tante incarnazioni) torna senza essersene mai andato ma con la prima pubblicazione a suo nome, a connotare l’idea di un progetto fortemente intimo e personale. Assolutamente suo. “Lifetracks” sembra proprio questo: l’appassionato resoconto di un pellegrino errante, il bollettino di un viaggio senza tempo, il rendiconto esistenziale di un uomo sereno che, nel mezzo del cammin di propria vita, traccia un sommario bilancio del percorso artistico e privato intrapreso fin qua.
A quanto pare con le idee piuttosto chiare su quale sia la retta via da seguire.

“Prana” è subito ipno-apertura di chitarra in Gottsching-loop a schiudere in un gioco ritmico dal groove davvero sostenuto e reso ancor più vigoroso dagli inserti d’archi. Wow, e questi sono strumenti veri, dirà qualcuno. “Beginning of the Middle” segue cosmica con andatura funkeggiante e in alcuni frangenti richiama alla mente certe aliene rarefazioni analogiche del primo Air. Si odono suoni e voci da galassie lontane nella voragine house di “Shinkansen”, ancora trame sognanti e morbidi intrecci di basso e tastiere e safari sulla luna nella splendida e arrendevole suite di “Serendipity”. C’è davvero armonia, c’è respiro, c’è godimento: nella calma piatta di “Sea of Glass” beati ondeggiano un chiaro riferimento ad personam e un pervasivo senso di pace e di pienezza, il mare che diventa brodo di giuggiole. Se “Optymistic” è pura classicità deep, il quadretto pastorale di “Yearning” trattiene in sé la magia e l’innocenza del suono GC, rievocato insieme ai toni ambient di maestri dichiarati come Eno e Vangelis. Un attimo dopo la carezza di “St Ives Bay” davvero stringe il cuore di nostalgia e di ricordi perché scuote e meraviglia, ci commuove di tenerezza e infine ci mette le ali addosso neanche fosse una Red Bull. Partendo dalla Cornovaglia direttamente fino a Dio in un’esperienza che è quasi mistica, sovrumana, come dimostrano in modo esemplare “Margherita” e “Moonbathing”: due numeri ambient ancora una volta attraversati dal respiro divino della natura e della purezza, celestiali altalene emotive che sospingono il disco verso il compimento del viaggio spirituale, laddove il superamento del corpo fisico (nelle pulsazioni siderali di “Astral Projection”) si fa moto interiore e definitiva esplorazione nelle profondità della propria coscienza (“Enchanting”).

Affascinante ritorno di Middleton nei luoghi a lui più cari, “Lifetracks” reca in calce una firma autografa assolutamente necessaria, come quella che apponiamo in fondo ad una struggente missiva d’amore. Per chi scrive, per quanto possa interessare, senza dubbio uno dei dischi dell’anno appena concluso.
Perché? Semplice. Perché è bello.

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