MEAT PUPPETS, Rise To Your Knees (Anodyne Records, 2007)

A ben vedere, era già tutto scritto nel suono dei Meat Puppets: il cortocircuito fra le nevrosi punk-hc e le chitarre country non era soltanto un vezzo dei soliti texani strambi, ma una vera preconizzazione del destino dell’indie rock americano a cavallo tra ottanta e novanta. Partiti tutti galvanizzati sull’onda del rumore e poi riconsegnati, pelo grigio e chitarra acustica, alla tradizione folk del proprio paese: quando i Nirvana decisero di abbattere il muro e mettere a nudo le proprie melodie, i fratelli Kirkwood c’erano, quasi li avessero aspettati al varco come chi sa come va a finire.

Ma, ahinoi, sapere come va a finire non aiuta a non finire: e i Kirkwood finiscono anche loro nel territorio tradizionale delle southern ballads, attenuando distorsioni ed elettricità di quando erano “troppo in alto per morire”. Da quel momento sono trascorsi una serie di uscite meno esaltanti e dodici anni che hanno imparato come farsi sentire. E benchè fossero ben sette primavere che i Pupattoli di Ciccia non riaprivano bocca, “Rise to Your Knees” suona come un completamento di quanto già abbozzato, tra alti e bassi, negli episodi immediatamente precedenti. I Kirkwood mettono la testa a posto e costruiscono su pezzi malinconici (vedi il titolo) e lenti sostenuti la spina dorsale del loro nuovo lavoro: distorsori e i riff non sono più un disturbo delle frequenze ma casomai una mano di vernice su qualcosa che potrebbe funzionare anche ad amplificatori spenti.

Il fatto è che “Rise to Your knees” non si può nemmeno liquidare come un passo falso o come il classico album malriuscito: si tratta, anzi, di una buona raccolta di canzoni, curata e pure ben scritta Per gli appassionati e per chi se li ricordava come gli psicotici del Texas o come dei magnifici dell’indie chitarristico sarà dura da mandare giù, ma forse sarebbe il caso di dare una possibilità al nuovo Curt Kirkwood in versione singing cowboy: anche se la storia dello svitato che si redime per lusingare la propria bella con lunghe serenate è troppo trita per non creare almeno qualche sospetto.

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