THE VEILS, Nux Vomica (Rough Trade / Self, 2006)

Attorno al nome di Finn Andrews si è creato una specie di strano culto che permette ai suoi The Veils di chiamare a raccolta un sacco di gente in occasione delle diverse apparizioni live. Tutto questo con un solo album di due anni fa, “The Runaway Found”, che non era molto di più di qualche normale numero pop farcito con una delle voci più moleste degli ultimi tempi. Abbastanza, a quanto pare, perché si creasse dell’attesa per questo “Nux Vomica” senza comunque che qualcuno si ricordi veramente una loro canzone.

Cambiata totalmente la formazione, Andrews cerca di raddrizzare il tiro sempre senza disdegnare il pathos gratuito che il suo timbro gli permette, anche in canzoni dal dubbiosissimo spessore come “Calliope!” o “One Night On Earth”, ma stavolta cercando di dilettarsi in composizioni più adatte al suo fastidioso senso del tragico. In questo senso le uniche note interessanti, “Jesus For The Jugular”, “Pan”, Nux Vomica”, sono di musiche che scomodano addirittura nomi pesanti come Tom Waits, Nick Cave, Mark Lanegan.

Ma parlo ovviamente della parte musicale, perché poi giunge sempre inesorabile il momento in cui inizia a far capolino quella sottospecie di raglio asinesco. Una voce che divide – o la adori o la disprezzi, difficile che lasci indifferente – e unico motivo concreto per distinguere i The Veils da qualunque altro gruppo che passa per caso. Una specie di inevitabile catastrofe sembra si sta per abbattere sulla testa di Finn Andrews e ovviamente lui cerca di difendersi: sconfiggere il tremendo destino con una lagnosa nota di gola, una sgraziata espressione del suo mal di vivere che oscilla paurosamente fra il trascorso drammatico e il maiale sgozzato per la festa del paese. O la adori o la disprezzi, dicevamo giustamente.

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