BUILT TO SPILL, You In Reverse (Warner Bros, 2006)

Fra i grandi misteri del nostro paese va sicuramente annoverata la questione riguardo alla distribuzione di Built To Spill. Quasi impossibile trovare i loro dischi nei nostri negozi occupati da irrilevante paccottiglia. E ad ogni uscita la cosa si fa più pressante, ancor di più oggi, a cinque anni dall’ottimo “Ancient Melodies Of The Future”, che le nostre orecchie godono letteralmente con “You In Reverse”.

È incredibile il fatto che i Built To Spill riescano ad essere riconoscibilissimi eppure mai scontati, anzi sorprendenti. E tutto questo con mezzi minimi. “Goin Against Your Mind”, incredibile pezzo di apertura, non è altro che due-accordi-due ripetuti fino alla nausea, eppure è una di quelle pietre miliari che in una discografia illuminata come la loro non può che confermare l’idea di trovarsi di fronte a uno dei migliori gruppi dell’ultimo decennio.

Dalle malinconiche ballate (“Traces”) fino ai veri colpi elettrici dritti al cuore (“Mess With Time”) i Built To Spill imbastiscono uno dei loro capolavori colmo delle melodie languide di Doug Martsch e di quelle chitarre sempre in odore del Neil Young più acido (“Wherever You Go”), in un compromesso fra le derive più pop di “Keep It Like A Secret” (come in “Conventional Wisdom”, l’unico pezzo davvero radiofonico del lotto) e le digressioni strumentali dell’enorme “Live”.
Ogni composizione dei Built To Spill, fatta eccezione per “Saturday”, sembra più lunga di quanto in realtà è per la quantità di input che contiene, per i ritmi ipnotici e gli strati di chitarre, numerosi eppure mai fuori posto, e il grande impatto emotivo che sfugge da ogni singola nota.

Nessuno dei dieci pezzi di questo “You In Reverse” sa minimamente di superfluo. Anzi, sembra tutto così perfetto che quasi quasi, a mesi dalle onerose classifiche, si rischia di trovarsi già fra le mani il disco dell’anno.

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