volcano!, Beautiful Seizure (Leaf / Wide, 2006)

Hanno diversa rabbia in corpo, i volcano!, che probabilmente non riescono a sfogare in altre maniere. E non nasce così il rock? Mah, non facciamoci domande filosofiche: il trio di Chicago esplode (e per loro è letteralmente il caso di dirlo) con questo debut album “Beatiful Seizure” e debilita l’ascolto.

Affascinante quando con arpeggi delicati (l’incipit di “Fire Fire”) o con sonici tempi incalzanti (“Red And White Bells”) riesce a mescolare tanta roba di almeno una ventina di anni musicali, partendo dai Sonic Youth e arrivando quasi a guardare dalle parti delle radioteste di Oxford (vedi il modo di cantare di Aaron With), difficilmente digeribile quando vuole stupire a tutti i costi (la parte finale di “Frozen In Escape”) eseguendo rumorismo puro. Tra questi due opposti c’è una certezza: non assomigliano esattamente a nessuno, i volcan?o!, tranne che a loro stessi. Una buonissima base di partenza per chi sia stufo di sentire canzoni rimasticate che hanno il sapore di un chewing-gum dopo che lo si è ruminato per un paio d’ore, anche se non è tutto. Le canzoni, si sa, sono altro.

E fino a che i volcano! tratteggiano i mondi onirici costituiti da ticchettii e inneschi sospesi sono gustosamente psichedelici (“Hello Explosion”), poi però strafanno e mescolano bel canto con scoppi distorti e allora uno dice basta (“La Lluvia”). E’ un destino già segnato: l’hanno detto loro che vogliono “fondere la melodia con il caos”. Sì, anch’io vorrei guadagnare milioni non facendo un cazzo. C’è la stessa probabilità. Però i volcano! in effetti trasmettono un non so che di attrazione/repulsione che non è normale. Non è sana. Quindi attrae. Hanno poi un alone di cinematografico che è – crediamo – la loro chiave di lettura. I pezzi si riavvitano su loro stessi con mutazioni genetiche ed è come se sullo schermo scorresse un bacio che si trasforma in un bacio di Giuda.

Non troverete un giudizio definitivo su “Beatiful Seizure” in questa recensione. Il tempo ce lo darà. Noi siamo disorientati. Ed è – a tratti – una lieta sensazione.

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