Belle and Sebastian, Vox, Nonantola, MO, 25 maggio 2006

Il Vox è affollato per la data di chiusura del tour europeo di Belle and Sebastian, che salutano tutti prima di volare in Giappone. In tanti sono qua per toccare con mano il nuovo corso della band, solare ed elettrico come gli ultimi due album, ma praticamente tutti sono venuti per rivivere i pomeriggi piovosi e le notti insonni passate ad ascoltare “Tigermilk” o “If You’re Feeling Sinister”. I ragazzi di Glasgow sapranno accontentare tutti: perfettamente affiatati nelle dinamiche del palco, terranno alto il regime della serata con i nuovi brani, per poi far spuntare all’improvviso classici e chicche per i fans.

L’attenzione da subito viene catalizzata da uno Stuart Murdoch divertito e divertente che non la smette di ballare, ammiccare e interagire con il pubblico delle prime file. Incuriosito dalla piccola gradinata davanti al palco, la usa più volte per sedersi quasi in mezzo alla gente, cantando seduto a un palmo dal nostro naso: “It’s pretty intimate here”, fa notare. Ci vuole vedere negli occhi, per indagare gli strani fenomeni chimici che ci legano indissolubilmente alle sue canzoni. Dietro di lui la band è impeccabile, con un irresistibile Stevie Jackson ingessato nel suo completo mod (nonostante il caldo) e incorniciato dagli occhialoni dalla montatura grossa, che propone le sue buffe coreografie quando non impugna da par suo la Telecaster. Così scivolano dolci e irresistibili “Another Sunny Day”, “The Blues Are Still Blue”, “Sukie in the Graveyard”, “Funny Little Frog”…

Man mano lo show che procede si colora di ricordi, sparsi e frammentari come istantanee e vecchie pagine di diario, quando Stuart e i suoi pescano nello scrigno del passato. Il pubblico resta ipnotizzato mentre sbocciano “Judy And The Dream Of Horses”, “The Boy With The Arab Strap”, “Expectations”, “Get Me Away From Here I’m Dying”… Spuntano poi le immancabili “Jonathan David” e “The Loneliness of a Long Distance Runner”, sui cui Stuart ci invita a fischiettare il finale, mentre da “Tigermilk” arriva la pecora nera “Electronic Reinassance”, puro stupore e divertimento di tastiere giocattolo.

I Belle and Sebastian non hanno comunque intenzione di abusare dei ricordi, e saranno molte le perle del passato lasciate fuori per fare posto ai brani più recenti, ed evitare così di sprofondarci troppo nelle vecchie malinconie. Quando però Stuart si siede al piano e sussurra you know the world is made for men, not us non c’è storia, non importa quanto grande e grosso sei: sei assolutamente sicuro, ancora una volta, che in quell’us ci sei tu, tutte le volte in cui hai pensato di avere il guscio troppo sottile per reggere gli urti e le buche. Per un attimo Belle and Sebastian tornano ad essere i compagni delle passeggiate solitarie, la colonna sonora delle camerette chiuse a chiave.

Tutto però scivola via, ricordi, bis e saluti: alla fine anche questo concerto è già un biglietto da riporre nella scatola sotto il letto, assieme a qualche foto sbiadita e qualche pezzo della nostra vita da cui non sappiamo staccarci.