DEUS, Pocket Revolution (V2 / Edel, 2005)

Non starò qui a deliziarvi con le prosopopee tardo-romantiche sulle omeriche attese cui noi appassionati siamo stati costretti dai dEUS per ascoltare un nuovo disco di canzoni inedite. Tanto lo sapete benissimo, sono passati sei anni. Il rischio della delusione era dietro l’angolo, tanto più se si considerano tutti i pezzi persi da Tom Barman in questo lungo travaglio. Ma finalmente è la musica a parlare, e nonostante una formazione praticamente stravolta, “Pocket Revolution” conferma come i belgi siano strettamente vincolati alla mentalità bizzosa del proprio leader.

La strada è quella già battuta con l’ultimo “Ideal Crash”, si parla di ere geologiche fa, ma i dEUS sono riusciti a riproporsi senza perdere la loro identità e evitando di mettere a fuoco un misero contentino di prodotto di seconda scelta. In “Pocket Revolution” convivono due anime, perché da un lato ci sono chitarre incisive in stile “Worst Case Scenario” (“Bad Timing”, “If You Don’t Get What You Want”, “Night Shopping”), dall’altro la pulizia sonora e la stratificazione pop che aveva fatto dell’ultimo disco una gemma incompiuta ma di bellezza altresì straordinaria (su tutte “Include Me Out” o “Cold Sun Of Circumstance”). Certo, non è tutto oro ciò che luccica, e laddove Barman approda in territori vagamente alla Magnus – il cui disco può essere ricordato più come un passo falso che altro… era proprio brutto e tamarro – si nota una caduta generale del livello compositivo. Qui non ci sono episodi precisi, soltanto qualche frammento sparso in giro per tutto il disco che evita al suddetto una definitiva consacrazione.

Ma si tratta della discontinuità di cui i dEUS hanno sempre sofferto, semplicemente dovuta alla voglia di strafare che, comunque, ha saputo dare dei risultati non di meno bellissimi. E questo disco non è che l’ennesima ed attesissima conferma di un gruppo che, seppur con le già spiegate immancabili pecche, non è mai stato così libero e in salute.

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