SILO 10, Silo 10 (Dogfingers / Uncle Buzz, 2004)

Una nuova tappa nella sperimentazione ambient di James Sidlo, per l’occasione in dimensione live. Registrato insieme a Warren Rivera in uno dei silo abbandonati del Blue Star Art Complex di San Antonio, “Silo 10” è il frutto di una coerenza artistica davvero encomiabile, la quala porta i musicisti ad assecondare l’influenza di un ambiente sulla musica in esso prodotta. Per questo Silo 10 è disco del riverbero, della vibrazione, degli accordi rimbalzanti sulle superfici curve del grande contenitore per il grano.

Chitarre e sintetizzatore concentrati sull’effetto immediato e impressionistico, un po’ meno note e looping che in altre prove di Sidlo (forse anche per la scarsa leggibilità che l’eco eccessivo avrebbe provocato?), niente ritmica, nessuna concessione al pop e alcuni momenti di grande effetto: la breve e futuribile “Memory Game”, con un eccellente e profondo effetto di glissando che materializza città futuribili alla Philip Dick; “Wildlife Crossing”, dieci minuti molto ben costruiti, dove alla prima parte più disarticolata e avanguardista si sostituisce un finale morbido nel quale fanno capolino note trasognate imparentate con il Vangelis di Blade Runner; “Bloom”, brano conclusivo dell’album, l’unico sorretto nella parte centrale da un looping insistito che si stempera sempre più nel finale, spegnendosi lentamente in una pedale tenuto sino allo sbattere perentorio e ad effetto della porta.

Disco dalla trama eterea, ipnotica e sfuggente, dotato di raffinatezze non sempre facili da cogliere se non concentrandosi attentamente sulla musica, “Silo 10” potrebbe costituire un precedente degno di ulteriori sviluppi in direzione di una improvvisazione ambientale che, se non potrà mai essere molto popolare, potrebbe però, se ben coltivata, procacciarsi nuovi sostenitori fra i cultori dell’estemporaneità.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *