RUN DMC, Crown Royal (BMG/Ariola, 2001)

I Run DMC sono tornati, ahimé. Gli inventori dell’hip hop moderno si rifanno avanti, come han già provato a fare altri illustri colleghi. Vediamo un po’. I Public Enemy, potevano risparmiarsela ma in fondo un lavoro dignitoso. Gli EPMD, solo per soldi e disturbati da carriere soliste. Un buon lavoro, comunque. Poi i De La Soul, con un album notevole. E i Run DMC. In mezzo a questi i gloriosi signori del Queens pagano cara l’età. Sembrano gli ospiti d’onore in una riunione di vecchie glorie. “Crown Royal” sarebbe la partita d’addio dove loro schierino storia e fama… Purtroppo, “Crown Royal” vorrebe essere una partita di campionato.
Serve a poco la lista di featuring. Fred Durst (Limp), irriconoscibile, costretto a cantare sottovoce. Alla fine è l’unico davvero sottoimpiegato. Prodigy (of Mobb Deep) e Nas si comportano bene. E accidenti sono i nuovi rampolli del Queens, è una questione di sangue… Method Man distribuisce classe nella traccia più azzeccata dell’album. Chi altri? Kid Rock, per ricordarsi dei bei tempi, e Everlast, maestro del ritornello country/folk. Non è così che doveva andare, comunque. Dei tre Run DMC fa ancora la sua figura Jam Master Jay. Okay, oggi vanno altri suoni, e anche JMJ ha perso la genialità del tempo che fu. Con tutto questo Jay tiene su l’album quasi da solo. Non che il Reverendo Run e Darryl “DMC” McDaniels abbiano scordato come si fa il rap. E vorrei vedere. Il primo album, omonimo, chiude nel 1984 con Afrika Bambaataa, Whodini, Kool Moe Dee, gli Stetsasonic. Il primo album del movimento hip hop strutturato come conosciamo oggi. Poi “King of Rock”, e il primo crossover rap-rock. Siamo nel 1985, e se oggi sembra normale, allora davvero no. E “Raising Hell” l’anno dopo, il capolavoro, un album perfetto. “Tougher Than Leather” è già di troppo. Buono, ma sottotono. Un buon commiato però, una cosa accettabile. Il problema è che non è stato il commiato. Avrei voluto che questa breve carrellata della carriera dei Run DMC si potesse chiudere qua. Invece c’è, per la cronaca, un “Back From Hell” e un “Down With the King”. Gli anni novanta dei Run DMC sono per intero in questi due album.

La gloria non si tocca. I primi tre album, gli anni ottanta, gliela hanno già assicurata. Quel che succede dopo è tour, presenza, poco altro. L’hip hop è cambiato, loro no. Il lifting del suono e qualche valente giovine MC non li possono salvare. Badate, “Crown Royal” non è nemmeno un brutto album, è un album qualsiasi. Ma i Run DMC non sono qualsiasi. Per questo, non basta un giudizio di mediocrità. “Crown Royal” succhia in più l’amarezza e perché no il risentimento su un paio di icone che hanno ripreso a camminare. Non è quello il loro posto. La prova? “Crown Royal”.

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