CAMEL, Mirage (Deram, 1974)

Il miraggio di un cammello sullo sfondo di palme e piramidi: ecco la copertina che richiama i pacchetti di sigarette Camel (e per la quale ci furono problemi legali). Il secondo lavoro del quartetto britannico dopo l’esordio di “Camel”: Peter Bardens alle tastiere, Andy Latimer alle chitarre e al flauto, Doug Ferguson al basso e Andy Ward alla batteria. Un gruppo generalmente poco considerato, ma dalla personalità inconfondibile, e il cui contributo al rock progressivo rappresenta una tappa importante nella storia del genere. Possiamo tranquillamente parlare, dunque, di un ‘suono Camel’, che si definisce in pieno proprio con “Mirage”. Un suono sereno, in prevalenza luminoso, mai tenebroso, qualche volta malinconico; una musica che scorre veloce, senza impedimenti, ma tutt’altro che banale. Basata per lo più sullo strumentale, terso e di sapore fantastico, fiabesco, dove le parti vocali, quando ci sono, sono brevi ed eteree, poco impegnative, esornative. Non c’è infatti un vero cantante di ruolo, e Latimer si occupa il più delle volte anche delle rare sezioni vocali. “Freefall” è già un biglietto da visita: un brano grintoso, il cui inizio, quei furboni dei Queen, avranno avuto forse presente al momento della creazione della colonna sonora del film “Flash Gordon”: confrontare per giudicare. L’abilità strumentale dei Camel è indubitabile, ed efficace il dialogo fra le tastiere di Bardens e la chitarra di Latimer, dal timbro personale, talvolta potente, talaltra morbido. Non a caso il capolavoro del gruppo, “The Snow Goose”, sarà pressoché interamente strumentale. E senza cantato sono, qui in “Mirage”, “Supertwister”, delicato pezzo dominato dal flauto, e “Earthrise”, compatta cavalcata strumentale, sognante all’inizio e poi via via più impetuosa, chiusa dal tema iniziale. Le tematiche ‘fantasy’ sono chiaramente presenti in “Nimrodel”, divisa in due parti: “The Procession” e “The White Rider”. Il titolo costituisce infatti un riferimento a ‘Il Signore degli Anelli’ di J.R.R. Tolkien, nobile capostipite di tutta la letteratura ‘fantasy’, e fonte di ispirazione anche per i Caravan di “In the Land of Grey and Pink”. Nimrodel è, nel romanzo, il nome di un fiume e di una fanciulla degli Elfi. La prima parte, assai più breve, è costituita da una introduzione che sbocca in una marcia festosa, sorta di preludio alla canzone vera e propria, costruita su toni, sia vocali che strumentali, evocativi di atmosfere magiche e arcane. A ciò contribuisce, all’inizio di “The White Rider”, anche il flauto di Latimer. Chiude l’opera “Lady Fantasy”, il cui titolo è già di per se una conferma delle tendenze musicali del gruppo; il brano più lungo, diviso anch’esso in due parti, ma senza soluzione di continuità. E’ per lo più considerata la composizione migliore di “Mirage”, e forse lo è davvero: ma sicuramente non è una suite, come talvolta capita di leggere. Dopo l’inizio chitarristico potentemente rock ritroviamo le consuete atmosfere più morbide e suadenti, dove Bardens e Latimer si esibiscono in grandi virtuosismi. Ma ottima è l’amalgama di tutti gli strumenti, che dà luogo alla vigorosa coda di “Lady Fantasy”. Però, un po’ a sorpresa, il finale riprende il delicato tema iniziale. Non stupisce che questo pezzo fosse uno dei cavalli di battaglia nelle esibizioni dal vivo.

Se dunque “Mirage” non si può definire un capolavoro, anche per la carenza nel cantato, la sua musica ben costruita, scorrevole e dalle melodie fiabesche e piacevoli, forse poco ‘impegnata’ e impegnativa, ma assai coerente, lo rende consigliabile, e di ascolto pienamente gratificante. Una tessera importante di un ideale ‘mosaico progressivo’.

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