WYCLEF JEAN, The Ecleftic (Columbia Sony Music Entertainment Inc., 2000)

E due. Il secondo album di Wyclef solista, e il primo senza i Fugees. Prima di questo, “The Carnival” era stato un album stupefacente. All’anima africana e americana sostituiva quella caraibica. Perché Wyclef è haitiano, e perché il confronto con l’America per la più parte dei rapper è segnato dalla devozione per le roots. L’Africa è la grande Mamma dell’orgoglio nero, e della cultura afroamericana. Di qui il jazz, il blues e il funk, e poi la guerra, la segregazione e il ghetto. Un paniere di tradizioni fortissime, persino ‘istituzionalizzate’, con cui Wyclef si destreggiava comunque bene. Ma quale liberazione concedersi di fare musica nella sua lingua! “The Carnival” è soprattutto freschezza e orgoglio. Dai sussurri di “Guantanamera” alle tracce in creolo, l’impressione che mi ha dato sin dal primo ascolto è la serenità e la sensazione di spazio e opportunità di un ‘rompete le righe’.
Ma qui stiamo parlando solo di “The Carnival”! E “The Ecleftic”? “The Ecleftic” è l’album della maturità… Che è un modo per dire che non è più possibile sfruttare l’effetto sorpresa. “The Carnival” uscì nel 1997, al crepuscolo del vecchio hip hop. Ogni novità era una benedizione, se abbastanza in gamba da non essere schiacciata dai vari affaire Tupac. Il duemila ha già ospitato geniali innovatori e i nuovi stili rampanti della Bay Area, e non è disposto a stupirsi tanto facilmente. Ci si poteva scommettere sulla qualità del Nostro. Sui suoi skills niente da dire, ma un artista non può passare la vita a sperimentare. Trovata la via della sua arte, la deve percorrere fino al culmine. Allora in più, oggi, A Wyclef occorreva un altro spirito, per non essere uno dei tanti. A lui piace suonare, piace la melodia tra l’R&B e il pop, piace il reggae e i Caraibi, e metterli insieme tra le braccia dell’hip hop è laborioso e rischioso. Poche storie, questo album è leggero e inafferrabile come una piuma. E senza paura. In due parole, avete presente “Wish You Were Here”? Wyclef la canta, è la sua traccia di commiato. La canta proprio, non campiona i Pink Floyd! Coraggioso il ragazzo, no?

Wyclef non deve spiegazioni a nessuno, ora. “Ecleftic” significa questo. Qua dentro si trova un po’ di tutto, un vocaleggio di Whitney Houston, gli Earth Wind & Fire, Mary J. Blige, The Rock (dritto dalla WWF) e perché no un po’ di chitarra, suonata da Wyclef in persona. Coraggioso no? A chi teme che il rap stia elemosinando da tutti gli altri stili musicali, e che insomma sia alla frutta, al dolce, caffè-e-ammazza, acquisti quest’album. E’ un sospiro di sollievo. Per tutti gli altri vale lo stesso consiglio, e magari metterci su anche “The Carnival”, se ancora non l’avete. Credo sia scontato, ora, sulle ventimila tipo. Che non è molto per scoprire tutti i numeri del rapper più amato da Santana e Bono.

Wyclef, prendendo a rappare da solo, aveva bisogno di qualcosaltro. Non qualcosa di nuovo, bensì qualcosa di antico e essenziale, come la cultura che l’ha cresciuto. “The Carnival” fece questo. “The Ecleftic” possiede un altro genere di novità. “Runaway” con gli Earth, Wind & Fire, “911” con Mary J. Blige e “Wish You Were Here” documentano bene cosa sia l'”ecleFtismo” di Wyclef. Il singolo è “It Doesn’t a Matter”, col wrestler The Rock. Poi “Perfect Gentleman” e il “Kenny Rogers – Pharoahe Monch Dub Plate”, splendide, e la top score di quest’album “Diallo”, con Youssou N’Dour e MB2. In conclusione, chi ancora sperasse in una riunione dei Fugees, dopo le liti e gli attriti vari, con quest’album dovrebbe seppellire l’idea, o almeno disperare. “Where Fugees At?” e “Columbia Records” danno tutte le spiegazioni del caso.

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