BRUNORI SAS, “Il Cammino Di Santiago In Taxi” (Picicca, 2014)

BRUNORI SAS, Il cammino di Santiago in taxi“Arrivederci tristezza, oggi mi godo questa dolcezza, e domani chissà” è quello che Dario Brunori canta nella canzone che apre il suo ultimo disco. “Il cammino di Santiago in taxi” arriva dopo “Volume 1” e “Volume 2 – Poveri Cristi” e già dal suo inizio ci racconta quello che la Brunori Sas ha cercato di fare: musicarci le gioie e i magoni di tutti i giorni.
A dir la verità anche i dischi precedenti suonavano dolceamari e tentavano di colorare di rosa le malinconie e le sfighe quotidiane. Il punto è però che ora la Brunori Sas è cresciuta, ha messo a fuoco i propri contorni e “Il cammino di Santiago in taxi” è il disco più riuscito di tutti.

Registrato in un convento di frati Cappuccini e prodotto da Taketo Gohara (il che più o meno significa “produttore di gente come Capossela, Verdena, Baustelle, Afterhours, eccetera eccetera eccetera”) questo “Volume 3” stupisce prima di tutto per la crescita musicale e compositiva della band calabrese, che prova a fare molte cose nuove, e riuscendoci bene: “Mambo reazionario” diverte parecchio mescolando Calabria e Messico e maracas, “Kurt Cobain” svela un pianoforte che assomiglia molto a quello di De Gregori, “Nessuno” riprende “Down By The River” di Neil Young cavallo pazzo e ci costruisce sopra confessione intima e commovente prima di sbrodolare in un finale cacofonico fatto di sax e casino indistinto, la già citata “Arriverci Tristezza” finisce in un crescendo di suoni a dir poco liberatorio.

Oltre a queste, ci sono altre cose più tradizionali, più “alla Brunori”: “Pornoromanzo”, “Le quattro volte”, “Il santo morto” suonano tutte quel contry-pop ironico e irriverente che aveva conquistato già coi primi dischi. Anche il finale col valzer di “Sol come sono sol” ritorna alla dimensione acustica e malinconica a cui eravamo abituati. Un po’ come a dire che non ci si vuole allontanare troppo da quel modo di suonare e di raccontare storie. In fondo anche i personaggi delle canzoni rimangono gli stessi, tutti dentro un calderone che bolle impazzito: Che Guevara, lo sfigato che viene lasciato il giorno del suo matrimonio, Beyoncè, le mogli ammuffite dal tempo, Padre Pio.

Alla fine infatti si ha in testa una convinzione sulle altre: è proprio nel tenere insieme i suoni nuovi, i tentativi di crescita musicale e le buone vecchie abitudini che il disco convince, e convince più degli altri che lo hanno preceduto. Meglio che negli altri due volumi, con questo disco la Brunori Sas continua a raccontarci le cose di tutti i giorni, sfighe o fortune che siano: “Il cammino di Santiago in taxi” è insomma un disco dolce e disperato, sorridente e con gli occhi lucidi, proprio come come deve essere buon un disco pop italiano.

70/100

Enrico Stradi

24 febbraio 2014