Non so se sia un luogo comune, ma in ogni caso mi sembra di vedere alla mattina più donne che uomini al volante che chiacchierano felici, in vivavoce o all’auricolare poco importa. Con chi, non si sa. Soprattutto non si capisce come abbiano voglia di conversare amabilmente alle 7,30 di mattina. Sette-e-mezza di mattina! Noi gufi non possiamo comprendere. Il fatto che è probabilmente le donne comunicano di più, e di certo lo fanno soprattutto in questo momento storico, anche nella musica. Hanno più argomenti, più cose da dire.
Prendiamo Hand Habits, progetto della cantautrice Meg Duffy: il suo secondo album “placeholder” è fatto di quella calda pasta folk molto frequentata che, se oggigiorno fosse opera di un uomo, probabilmente, non meriterebbe le luci dei riflettori. E invece Hand Habits, nella semplicità di linguaggio, dice, comunica qualcosa.
Meg Duffy è cresciuta in una piccola città a nord di New York, affinando la sua tecnica alla chitarra durante i tour con Kevin Morby, e il suo progetto Hand Habits ha preso vita dopo il suo trasferimento a Los Angeles. Contrariamente al debut album “Wildly Idle (Humble Before the Void)”, uscito per Woodsist Records nel 2017, interamente autoprodotto e registrato a casa di Meg durante i momenti di pausa dai tour, in “placeholder” ha lavorato in studio con diversi collaboratori e il risultato si è fatto più corale. O, meglio, più completo, forse, perché il tono è quello in ogni caso quello sommesso della confessione personale (“pacify”) o in ogni caso un approccio pacificato.
Tra tutte le canzoni ne spiccano due dalle armonie pop piuttosto irresistibili: “what’s the use”, che potrebbe ricordare un po’ “’74-’75” de The Connells, e “what lovers do”, che va più dalle parti di Angel Olsen ma più tranquilla, come dicevamo, ma in fondo tutto l’album ha un suo equilibrio di composizione e di autonomia.
“placeholder” è dunque un buon album in un genere oramai abusato, che la ventiseienne si cuce addosso come un vestito su misura. Non ci aiuterà a capire di cosa discutono alla mattina le donne (e in generale a capirle), ma se lo mettiamo su alle 7,30 di mattina parlerà a noi, con placida passione e intrepida voglia di comunicare.
70/100
(Paolo Bardelli)