GERMAN ARMY, “Slow and Distant Corrosion” (Biodiversità Records, 2023)

Quando all’incirca un paio di anni fa mi sono imbattuto per la prima volta in una release a nome German Army sono entrato in un circolo di curiosità e voglia di ascoltare di più, senza apparenti motivi logici. Il gruppo statunitense, di cui si sa pochissimo, ha una discografia lunga più di dieci anni e svariate decine di uscite a loro nome, che riportano a temi storici ed etnografici. Giusto lo scorso anno inserii il loro “Allocation of the American Nile” tra i dischi più interessanti del mio 2022, uscito sulla statunitense Jungle Gym Records.

Quando quindi sono stato contattato da Pietro Michi, boss di Biodiversità Records, per sapere se ero interessato a un pre-ascolto del loro nuovo lavoro in uscita su Biodiversità, ho subito accettato con piacere. L’uscita, intitolata “Slow and Distant Corrosion”, è la seconda sull’etichetta fiorentina dopo “A Week in Organ Pipe” del 2021, e rinnova la collaborazione che vede i German Army lasciarsi ispirare a temi più naturali o ambientali. Se “A Week in Organ Pipe”, ispirato dall’omonimo parco dell’Arizona habitat di tre nazioni (oltre a Statunitensi e Messicani infatti la zona è abitata da popolazioni native) i californiani regalavano la loro consueta dose di psichedelia desertica, in “Slow and Distant Corrosion” il soggetto dell’indagine diventa decisamente più piccolo: i licheni. Affrontando questo tipo di organismo, anche il sound della cult band americana muta, trasformandosi in un’elettronica quasi astratta e organica che cerca di farsi strada per poi debordare in mille direzioni diverse.

Anche l’utilizzo dei ritmi, più marcato rispetto ad altre uscite dei German Army -ma scusate se posso essere impreciso, non ho recuperato tutta la loro imponente discografia- riesce a fornire, in maniera del tutto impressionista, l’idea di organismi complessi e variegati, costantemente in movimento in tutte le direzioni.

“Slow and Distant Corrosion”, nel suo complesso, ricorda a modo suo un rifacimento attuale dei tanti dischi library composti tra gli anni ’60 e ’70 per documentari televisivi e radiofonici. Come non farsi venire alla mente, per esempio, grandi esempi di questa library all’italiana come “Fauna Marina” di Egisto Macchi, o “Ittiologia” di Alessandroni, Tommasi e Tamponi? Certamente qui troviamo un suono più elettronico, lo-fi e psichedelico, ma sembra proprio che i californiani abbiano ascoltato tanto dello sconfinato catalogo library italiano. E come dargli torto: un incredibile esercizio di sperimentazione e creazione di musiche ‘a soggetto’, con una produttività simile a quella mostrata dai German Army. Curioso, tra l’altro, che abbia pensato a questi dischi dedicati al mondo subacqueo, come se il sottoterra e il sott’acqua avessero, nella loro espressione musicale, punti di contatto evidenti, in cui cambia il sapore ma non troppo la rappresentazione.

Adatto sia a un ascolto attivo quanto a uno passivo, quasi di sfondo ad altre attività, sono felice di dire che vi consiglio l’ascolto di questo disco dei German Army. Sapendo già che, se vi piace, troverete letteralmente altre decine di dischi da consumare e scoprire.

73/100

(Matteo Mannocci)