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Un ritorno visionario e caleidoscopico
Il sesto album dei Tune-Yards è per Merrill Garbus e Nate Brenner un ritorno al sound sbarazzino e centrifugo dei primi lavori dopo un recente percorso art-pop più intimo ed elegante. Tutti questi elementi convivono creando una buonissima alchimia in Better Dreaming, un album colorato e intenso, ricco di spunti e di riflessioni intriganti.
«Turn away from those who hate you / Turn to meet the ones that keep you warm» canta con voce distorta ma con tono e piglio soffuso e quasi psichedelico Merrill Garbus in “Swarm”, uno dei pezzi più riusciti e ipnotici del nuovo album dei Tune-Yards. La band di Garbus e del suo compagno di viaggio Nate Brenner esplora i tunnel più onirici e appiccicosi dell’electro-pop contemporaneo declinandolo in quella chiave tipicamente ironica e stralunata che sa essere al tempo stesso terribilmente seriosa cui il gruppo ci ha abituati.
In Better Dreaming la band percorre tracciati già esplorati ma con un’attitudine differente da quanto aveva fatto in passato: esplorazioni sonore come la desertica e allucinata “Never Look Back” o l’alchemica fusione di synth, loop, percussioni e voci incantate di “Get Through” sono tasselli che nel caleidoscopio dei Tune-Yards esistevano già, ma mai erano stati affrontati e declinati in questa dimensione.
Un panorama di melodie intriganti e di arrangiamenti ipnotici
La voce resta sempre un elemento centrale del progetto: quasi sempre “confusamente travestita” tra gli strumenti e, però, così presente e vivida, luminosa e ammaliante, emana la sua potenza ovunque nel disco. In “How Big Is the Rainbow” panorami sonori che ci ricordano gli Animal Collective e Panda Bear di più di quindici anni fa finiscono, nel costruirsi e nel dipanarsi di fronte ai nostri occhi in diretta, per far quasi rivivere apertamente la fonte originaria d’ispirazione, che siano i Beatles o i Beach Boys. «You have become someone that I don’t recognize / You twist reality just to bring it down to your size» afferma con un tono scanzonato ma sincero Garbus in una delle composizioni più belle e coinvolgenti dell’intero disco.
Quel che è certo è che, in tutte le connotazioni che assume, dal synth-pop edulcorato e nevrotico all’art-pop armonioso e arioso che abbraccia un brano come “Limelight”, dal gospel futuristico elettronico alle sinestesie garage-blues lo-fi che episodi come “Perpetual Motion” e “See You There” mostrano, Better Dreaming è non per forza l’album migliore del gruppo ma sicuramente quello più melodico e variegato, per un gruppo, peraltro, che ha sempre considerato la vivacità e il trasporto delle melodie e la varietas degli arrangiamenti e dei generi come elementi focali del proprio percorso.
Se Better Dreaming non è un vero e proprio passo avanti – cosa di cui, in fondo, una band come i Tune-Yards non ha neppure bisogno – è un passo laterale convincente e godibile, una riflessione sul proprio viaggio fin qui che fa tesoro dei raggiungimenti passati per riviverli e riannodarli in un dipinto coerente e per certi versi quasi sommativo dei suoi stessi obiettivi.
71/100