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#tbt #throwbackthursday
I Coral e la loro invasione che nessuno ha notato
Gli articoli che hanno ad oggetto anniversari di solito li riserviamo a dischi importanti, ma qui siamo nell’ambito della nostra rubrica #tbt per cui posso mischiare le cose e dedicarmi a un anniversario di un disco particolare, non universale. In questo maggio 2025 infatti sono 20 anni che è uscito “The Invisible Invasion” de The Coral, un album a cui io sono affezionato pur riconoscendo che non sia specificatamente stato considerato né allora, né nel frattempo, né oggi. Che poi a una canzone specifica di questo album (“A Warning To The Curious”) avevo già dedicato un #tbt, quindi ormai sono come quei vecchi rincoglioniti che ritornano sulle stesse cose ad libitum, ma se un disco non è stato mai compreso allora forse vale la pena tornarci su un attimo. Quantomeno una volta ogni 20 anni.
Nella recensione dell’epoca sottolineavo che era un album dal “fascino davvero fuori dal tempo, da classico istantaneo, una summa di spirito sixty e modernità passando da tutto ciò che ci sta in mezzo”, ma, come potete immaginare, non servì a molto. Quello che posso dire è che confermo queste parole anche oggi. Facendo però una puntualizzazione: lo spirito degli anni Zero riecheggia invece molto in “The Invisible Invasion”, perché – dobbiamo dirlo – quel decennio è stato (ancora) un tempo in cui le band si sentivano libere di sperimentare in qualche aspetto sempre nell’ambito di un certo passatismo, ed è questo il caso dei Coral. Il gruppo di Liverpool si caratterizza da canzoni con passaggi a-melodici e non lineari sotto le spoglie di una sorta di “musica morriconiana da film western” ed è una specie di riproposizione del beat inglese anni ’60 con elementi cinematici e un imprinting garage e talvolta punk (ascoltarsi un riff vigoroso e coinvolgente come quello di “Arabian Sand“ per capire), quindi un tourbillon di sensazioni che nell’album in questione vengono a marcare uno dei migliori lavori dei nostri, dopo l’incredibile omonimo debutto del 2002.

The Coral nel 2025, foto in home sul loro sito ufficiale https://thecoral.os.fan/
Viva i guizzi strani
In questi giorni ho riascoltato più volte “The Invisible Invasion”, e l’ho trovato appunto ancora assolutamente non datato, funzionante e fresco. Mi ha colpito proprio quella ricercatezza a-tonale di cui parlavo prima che si contrappone – oggigiorno – a quelle costruzioni tutte piatte delle melodie algoritmiche. Attenzione: non sto dicendo che attualmente le canzoni si scrivano con i software: sto affermando che sempre di più si ha l’impressione che la scrittura odierna tenda a semplificare invece che a complicare, ad appiattire invece che movimentare, e questo per essere più fruibile alle nostre orecchie (e soprattutto quelle dei più giovani) non più abituate a guizzi strani. Ecco, in questo senso “The Invisible Invasion” è un toccasana, un ricordarci che si può fare musica con passaggi melodici meno prevedibili, che prendano viottoli laterali invece di passare per la solita strada maestra.
Il mondo non va come dovrebbe
In questi ultimi anni i Coral sono tornati un po’ sotto i riflettori con l’album in epoca-Covid “Coral Island” (2021) ma in generale non è che siano molto osannati. Io al tempo, nel 2007 in occasione della data unica di Ferrara, mi lamentavo che in un mondo ideale sarebbero stati gli Arctic Monkeys a dover aprire per i Coral e non viceversa, ma ero davvero una mosca bianca a sostenerlo. Li ho sempre preservati e custoditi nel mio cuore come si fa per i gruppi importanti, e se lo ho fatto è stato anche per questo album in cui si prefiggevano di effettuare una “invasione silenziosa”. Non hanno sfondato, quel singolo “In The Morning” che passava in tutte le radio è rimasto un caso isolato, non ne parla più nessuno ma invece noi vi diciamo che i Coral sono davvero un gruppo da ritirare fuori.
Anche contro il logorio dell’algoritmo moderno.
(Paolo Bardelli)