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Monk, Roma, 16 Febbraio 2025
Sono passati ormai otto anni da quando Prodigy, storica metà dei Mobb Deep, non c’è più, ma per tenere viva la sua memoria, Havoc ha riunito due compagni di lunga data: Big Noyd al microfono e DJ L.E.S. ai piatti. Insieme, hanno celebrato il trentesimo anniversario di “The Infamous” con un tour che li ha portati da Queensbridge fino al Monk per festeggiare questo storico capitolo.
La carica boom bap degli anni ’90
Il warm-up è affidato a DJ Baro dei Colle der Fomento, pilastro dell’hip-hop underground romano sin dagli anni ‘90. La sua selezione di classici come Rakim, Big L e Camp Lo prepara il terreno per Junk, rapper canadese di Vancouver, che infiamma la serata con un paio di pezzi, sorprendendo con una strofa in italiano ben riuscita e sicuramente molto apprezzata.
Il set dei Mobb Deep comincia subito dopo. A salire per primo sul palco è DJ L.E.S., storico produttore di “Life’s a Bitch” di Nas, che si occupa della consolle per il resto della serata. Come DJ Baro e Junk prima di lui, anche DJ L.E.S. regala al pubblico un secondo round di riscaldamento, facendo girare alcuni classici (“Full Clip”, “Can I Kick It?”, “Jump Around”, “Still D.R.E.”, tra i tanti), mescolando hype e nostalgia. L’atmosfera si scalda progressivamente, fino a quando arriva il momento che tutti stavano aspettando.
Mobb Deep Live
Havoc e Big Noyd salgono sul palco con “Survival of the Fittest”. Le parole di Prodigy riecheggiano: “There’s a war goin’ on outside no man is safe from / You could run, but you can’t hide forever”, facendo decollare il concerto. La serata prosegue con lo stesso mood. Le voci dei due Mobbsters si intrecciano e alternano tra ipnotici e oscuri beat boom-bap che dominano la scena, con la maggior parte delle tracce suonate provenienti da “The Infamous”. Il set scorre senza mai fermarsi, ma non ce n’è bisogno, il loro vastissimo repertorio e la reazione del pubblico parlano da soli.
Nel finale, non poteva mancare un omaggio a Prodigy. Havoc chiede al pubblico di accendere le luci del telefono e di muoversi da un lato all’altro mentre partono le note di “Quiet Storm”, brano del 1999. Da lì, il concerto si avvia verso la conclusione, esplodendo con “Shook Ones Pt. 2”. Ma non è tutto: Havoc annuncia l’arrivo di un nuovo album dei Mobb Deep, con un saluto a The Alchemist, da tempo parte del loro giro, che contribuirà al nuovo lavoro.
Oltre l’assenza
Sembra impossibile non avvertire la mancanza di Prodigy, soprattutto in brani come “Shook Ones Pt. 2”, dove sin dai primi secondi è evidente l’assenza di quel carisma unico che solo “P” riusciva a portare. Nonostante ciò, Big Noyd, figura chiave in “The Infamous”, si fa carico della situazione, offrendo una performance che non delude mai. Insieme ad Havoc, coinvolge la folla, facendo cantare all’unisono i versi di Prodigy e riuscendo a rievocare la sua essenza. E mentre il pubblico si lascia trasportare dal momento, il rapper, in perfetta sintonia con l’atmosfera, non perde tempo nel concedersi una bottiglia di Hennessy sul palco – un gesto che sembra essere diventato parte della sua performance.
Un’eredità intatta
A distanza di trent’anni, “The Infamous” resta un’opera che ha alzato l’asticella dell’hip-hop, raccontando magistralmente la durezza di Queensbridge con un realismo crudo e senza filtri. Ma soprattutto, resta un’opera che continua a vivere anche nei loro live, dove l’essenza di quel suono e quella poetica viene mantenuta viva ogni volta che i Mobb Deep salgono sul palco.