Vipera, 7 opere alla scoperta di “Acerbo e divorato”

Federica De RinaldisUscito il 1° dicembre su Dischi Sotterranei, Acerbo e divorato è il disco d’esordio di Vipera, progetto musicale di Caterina Dufì artista di origini salentine di stanza a Bologna, in questa foto ritratta da Federica De Rinaldis.

La scrittura è stata, nella realizzazione del disco, il punto di partenza e una costante fonte di trasformazione per una formula musicale molto ambiziosa e ricercata di cantautorato sperimentale dalle sonorità avant viscerali, a tratti astratte e psichedeliche.
A partire dalla modellazione ritmica degli elementi minimi (sillabe, silenzi) fino alla definizione di una macrostruttura che coinvolge la prosodia dei versi e delle frasi, compaiono a mano a mano gli accenti portanti del testo nella sua interezza. Il testo, come una prima figura di fiato, lascia scaturire la composizione sonora. Questo lavoro iniziale ha una natura ossea, elementare, che si intreccia e si modifica nel corso di un processo continuo di adattamento, all’interno della relazione con il suono e il ritmo che si sviluppa in fase di registrazione.

Registrato e prodotto a Verona da Niccolò Cruciani e suonato in larga parte da lui e  Caterina, il disco si compone di otto tracce – sei brani e due intermezzi – dalle sonorità eterogenee.  La trama che tiene i brani del disco è accostabile alla struttura dell’albero, iconografia utilizzata spesso per raccogliere e unificare a posteriori dei rapporti di parentela e affinità narrandone la storia, per mezzo di immagini racchiuse in cerchi e disposte nei rami secondo un ordine logico o temporale.

“Lo spazio ci supera e traduce le cose:
affinché l’essere di un albero ti sia una riuscita,
avvolgilo dello spazio interiore, dello spazio
che si annuncia in te. […] ”
R.M.Rilke, giugno 1924

Lascio qui una lista di 7 opere che mi hanno presa, accompagnata, accartocciata, prima dopo e durante la scrittura dei brani di Acerbo e divorato, nel numero di otto, pubblicati venerdì primo dicembre 2023 per Dischi Sotterranei.

1. Broken Fall (Organic), Bas Jan Ader – 1971

Penso alla serie Fall di Bas Jan Ader, artista canadese (e navigatore) formatosi a Los Angeles, la cui storia è inscritta nei segni di verticalità e discesa. La serie che ho scelto è composta da video in cui l’artista tratta personalmente e sul suo corpo alcuni modi del cadere, misurandosi in azioni estreme, introflesse: la sua pratica si colloca in un modo della rappresentazione che non distingue e rinserra idea estetica e vita. 

Vedi anche: tentare la forza del ramo finché regge il suo peso, cadere nel fiume di sotto.

Broken Fall (Organic), 1971 - Bas Jan Ader

Copyright the Estate of Bas Jan Ader / Mary Sue Ader Andersen, 2017 / The Artists Rights Society (ARS), New York. Courtesy of Meliksetian | Briggs, Los Angeles.

2. Appendice per una supplica, Ketty la Rocca, 1972

Appendice per una supplica è uno dei primi video d’artista realizzati in Italia, presentato alla 36a Biennale di Venezia nella sezione “Video nastri”, nel 1972.

Il video, girato a camera fissa, mostra mani femminili e mani maschili articolare delle danze minime di dita e intrecci in uno spazio scuro, dalla profondità incognita. Ad un certo punto, nel secondo dei tre ‘movimenti’ in cui è diviso il filmato, si comprende la densità reale dello sfondo, per via di un piccolo angolo chiaro che appare sulla sinistra del fotogramma. Lo spazio scuro in cui si muovono le mani è in realtà la superficie di un busto, di una pancia, non si sa se maschile o femminile.

La trama di segni tracciata dalle mani coi loro movimenti apre al desiderio di leggere in questi un linguaggio prescritto. Questo nodo non lo si può, apparentemente, sciogliere: dalla somma dei movimenti delle mani risulta il vuoto interpretativo.

Immagine che contiene mano, bianco e nero, monocromatico, Fotografia monocromatica

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Still-frame da Appendice per una supplica

3. White Body Fan, Rebecca Horn, 1972

Rebecca Horn è scultrice, regista e performance artist tedesca. In questo personale pedigree che tesso svolge un ruolo importante per la sua poetica del corpo. Corpo trasparente, dal ruolo rappresentativo, mediato. Con le sue estensioni corporee – immaginate e svolte sulla sua personale misura – (in particolare penso a White Body Fan) crea un canale di comunicazione tra esperienza individuale e ricerca estetica. La sua pratica, attraverso i mezzi con i quali estende e trasfigura il corpo, mantiene vivo ed eleva lo studio di sé ad un valore simbolico e universale.

Immagine che contiene aria aperta, cielo, umbrella, terreno

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Rebecca Horn, White Body Fan, 1972. Photograph. Rebecca Horn Collection. © 2019 Rebecca Horn/ProLitteris, Zürich.

4. Rent Strike – Riccardo Baruzzi, 2021

“Rent Strike” di Riccardo Baruzzi è una serie di opere monocrome “dipinte” tramite un’operazione di accumulo-stratificazione e diluizione dei disegni tracciati a matita acquerellabile: la cancellazione del tratto attraverso delle pezze bagnate fa si che il disegno diventi pura superficie. 

Ogni segno esercita di fronte alla diluizione con acqua una capacità di resistenza singolare, dipendente dalla pressione, dal ritmo con cui il segno è stato tracciato. Attraverso questa tecnica la superficie dipinta acquisisce nel rapporto con le figure una qualità vibrante, di emersione e compattezza con il fondo, vicina al reperto o all’affresco ritrovato. 

Esiste in questa serie un’identità ben salda tra lavorazione tecnica e rappresentazione, tra idea e cosa: il repertorio figurativo di edifici, volti e figure zoomorfe si carica di una vischiosità che contiene in sé tanto un discorso personale sulla memoria quanto uno espanso, aperto, attorno alla pura forma.

Immagine che contiene arte, disegno, schizzo, arancione

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Riccardo Baruzzi. 060 Rent Strike, 2021, Watercolor pencil on canvas, 160×120, Courtesy the artist & P420

5. Non parto, non resto, Alighiero Boetti, 1984

Non parto non resto è parte del ciclo di lavori realizzati a biro da Alighiero Boetti, uno degli artisti più influenti dell’arte italiana del XX secolo, parte del gruppo Arte Povera.

In quest’opera l’immagine si trasforma in una forma di scrittura che occupa lo spazio, diventando un sistema che chiede decifrazione, il cui codice linguistico-enigmistico si articola nei vuoti lasciati dal tratto ripetuto. 

Alighiero Boetti - Non parto non resto (1984) [5500x3900] : r/ArtPorn

Alighiero Boetti, Non Parto, Non Resto, 1984 | Courtesy © MAMBo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

6. Le génie du repos éternel, Auguste Rodin 1898–1899

Questa scultura dell’artista francese credo rappresenti una giusta sintesi della sua ricerca su posa, messa in crisi dell’equilibrio e scelta di privilegiare la rappresentazione del soggetto in momenti di transizione – scelta fino a questo momento estranea alla disciplina scultorea. La figura in questo caso è colta nel punto esatto di azzeramento e indifferenza delle forze, in quiete tragica e tesa.

Posa, equilibrio, transizione sono tutti aspetti che hanno guidato la forma visuale di Acerbo e divorato: ho girato un video per il brano Anime in cui è ripresa questa scultura, installata nel giardino del Musée Rodin a Parigi. 

Rainer Maria Rilke, nel suo saggio Su Rodin conia per la scultura dell’artista il concetto di ‘superficie vivente’: cioè qualcosa che, seppure inerte, dimostra ancora la sottomissione alla legge del divenire.

Così scrive della scultura L’age d’airain

«Era la superficie di un albero che non ha ancora affrontato le tempeste di marzo ed è inquieto perché il frutto e la pienezza della sua estate non abitano più le sue radici, ma già risalgono il tronco che i grandi venti tormenteranno»

Immagine che contiene aria aperta, cielo, edificio, monumento

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7. Untitled, da Some Disordered Interior Geometries, Francesca Woodman 1977-1978

Francesca Woodman è stata una fotografa statunitense attiva nell’ambiente artistico romano degli anni Settanta. Con i suoi lavori, che spesso sono un ibrido tra fotografia e mantenimento di performance da lei eseguite, codifica un immaginario intimo, tutto personale ma mai situato in una dimensione separata, parallela alla realtà. La sua è piuttosto una particolare declinazione del reale. Il corpo è presente, diventa misura, modulo e punto di contatto tra ambiente esterno e interiore.

«Vorrei che le mie fotografie potessero ricondensare l’esperienza in piccole immagini complete nelle quali tutto il mistero della paura, o comunque ciò che rimane latente agli occhi dell’osservatore, uscisse, come se derivasse dalla sua propria esperienza».

Immagine che contiene bianco e nero, muro, arredo, interno

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Untitled, da Some Disordered Interior Geometries, Francesca Woodman 1977-1978 © Betty and George Woodman