Ricordi d’annata: dopo un lungo inseguimento, ho visto i Kraftwerk a Firenze, assistendo al piu incredibile finale di sempre di un concerto, a metà tra il comico e lo storico; ho viaggiato per le città di Diomira, Isidora, Dorotea, Zaira; Anastasia, Zora, Despina, Zirma; Maurilla e Fedora…
C’è stato Paolo Conte. Tanto Paolo Conte: “volendo… nelle scarpe avrei… un ritmo mio…“
E poi ho assistito ad un concerto di Brian Eno.
Ecco dei dischi usciti quest’anno che vi consiglio di recuperare, con la solita avvertenza: sono dieci dischi scelti con pazienza, vissuti con calma e classificati qui senza pretese di enciclopedismo.
Per il suo saluto alla vita terrena, il compositore giapponese ci ha lasciato dodici meditazioni neoclassiche e ambient, divise tra synth e pianoforte; un lavoro di commiato che più che un testamento è una testimonianza serena e consapevole del momento. E’ musica che sgorga da parti dell’inconscio che raramente si riescono a tradurre in espressione con tanta lucidità; e anche solo per questo, e per la sua pura bellezza, questo disco va custodito con cura e devozione.
Bagnando le sponde della musica tradizionale irlandese con fragorose ondate di sonorità drone e sperimentali, i Lankum realizzano un album che sa essere terreno e angelico, cupo e sinistro, in bilico tra il naturale e l’umano. Un equilibrio sonoro inedito che fa da cornice ad una forza espressiva che non può passare inosservata; un disco da non perdere.
Uno dei più riveriti jazzisti italiani, una partitura per big band e formazione cameristica; una musica che si muove tra tensioni colte 900esche e le pulsazioni della musica afroamericana, in una sintesi lucidissima. A 82 primavere, D’Andrea ha la presenza, sonora e compositiva, di un giovane; e questo è uno dei suoi lavori più intriganti. Chapeau, Maestro!
Il pianista jazz newyorkese mette in musica la storia di James Reese Europe, uno dei primissimi jazzisti della storia, nonché militare decorato nei campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale e che in Francia fece sentire agli europei i neonati respiri della musica improvvisata. Il disco si dipana tra ragtime, swing, e jazz contemporaneo; ascoltatelo e fatevi travolgere da un lavoro che, tra tributo e divertimento, trabocca di passione per il genere, per la sua storia e per il suo presente.
Nuova trasformazione per la camaleontica compositrice e producer americana, ma di stanza a Berlino: stavolta la nostra si cimenta con una suite dai toni ambient e contemporanei. “Atlas” è il respiro polveroso e indefinito di una nube cosmica; è una musica ingannevole, seduttrice, ammaliante, enigmaticamente inafferrabile. Questo è il disco più sfuggente dell’anno.
Un album immerso nel fumo, che sa di asfalto bagnato, appartamenti scarsamente illuminati e sguardi persi nel buio. Tra r’n’b, trip hop, soul e jazz, questo giovane musicista britannico firma un disco che pare sospeso in aria, dominato da una voce – la sua – che disegna notturni urbani in cui l’unico peccato sarebbe non perdersi.
Una rivisitazione contemporanea del patrimonio folklorico del Medio Oriente, in una sapiente fusione di più mondi; una tavolozza colorata di musica araba, sì, ma affastellata di drum machines, chitarre, basso e loops. Presentando per ogni brano un cantante di nazionalità diversa, le composizioni a quattro mani di Tassa e Greenwood lavorano con un riserbo e una pulizia sonora che è sintomo di una spiccata sensibilità artistica. E come sempre quando c’è Greenwood di mezzo, gli arrangiamenti – per archi, ottoni, strumenti a corda – sono sopraffini.
Anche qui troviamo una sottilissima partitura per ensemble jazz e archi; anche qui si svela un album ai confini tra il jazz e la musica contemporanea. La firma è di questa giovanissima batterista americana, che al suo esordio su disco realizza un lavoro di grande rigore e altrettanto grande libertà, con dei lampi da musica cinematografica deliziosi.
Una delle nostre band di culto esce con un nuovo lavoro dove a dominare è sempre la rilettura, quasi filologica, delle sonorità delle colonne sonore del giallo all’italiana, tra funk, psichedelia e jazz rock. Ma questo non è un limite: vi basti sapere che “Nouvelles Aventures” è uno degli album più caldi, ben suonati, ben composti e divertenti usciti quest’anno. Ed è tutto così maledettamente fico, c’è poco da fare!
Dopo la solita pausa cadenzata, torna ad incidere su disco una delle band più riverite del jazz contemporaneo, capitanata da uno dei migliori batteristi odierni. La miscela musicale è quella di un jazz arioso e cantabile, con echi che tendono l’orecchio al blues, al gospel e all’americana; e rimane immutata l’impagabile qualità narrativa di questo ensemble, capace di raccontare delle piccole storie in musica in ogni brano che suonano.
* Il disco di Jason Moran si trova solo su bandcamp, qui
https://jasonmoran.bandcamp.com/album/from-the-dancehall-to-the-battlefield