Il quasi-ottimismo post-lockdown di Arp

Su Kalporz ci siamo chiesti come il lockdown abbia influito sulle modalità di creazione e scrittura musicale. Ecco che Alexis Georgopoulos, in arte Arp, offre la sua personalissima risposta nelle note scritte che accompagnano la pubblicazione del singolo “Black Plum”: “Suppongo sia una delle ironie della vita che quando il mondo sembrava essersi fermato (una cosa sorprendente e surreale di per sé) – apparentemente concedendo a un artista (supponendo che le proprie finanze permettessero un po’ di tempo per galleggiare) un tempo ininterrotto in studio (quello che ogni artista vuole!) – difficilmente sarebbe stato tutto così semplice.

I fatti della pandemia, la presa di coscienza intorno ai problemi razziali, e i continui vari abusi di potere, non hanno fatto altro che riaffermare l’ingiusta gerarchia su cui si fonda la nostra società. La ritrovata consapevolezza di ciò da parte di alcuni e l’ostinata negazione di ciò da parte di altri significa che la nostra nazione (gli Stati Uniti n.d.r., Arp è newyorkese) è, in effetti, trascinato e squartato – tirato in direzioni opposte e minacciato di essere fatto a pezzi completamente. Mi sono dovuto chiedere, quindi: l’atto creativo può essere visto come un atto di vanità? Un cittadino onesto si rinchiude in uno studio, creando mondi immaginari con tanto lavoro da fare? E così, anche se avrei potuto solo sognare di avere il lusso del tempo per fare semplicemente del lavoro senza che mi potesse pesare, ho quasi abbandonato ogni tentativo di scrivere, sentendo un senso di futilità nel progetto stesso. Invece mi sono messo a leggere, e a discutere, cercando una guida.

Eppure, qualcosa mi assillava. La musica non ha forse dato tanto conforto nel corso della storia, un balsamo, un luogo dove trovare sollievo ed elevazione? Abbandonare la musica permette a chi spera di avere una propria vittoria? Ho sentito uno strano bisogno di “attingere a qualcosa”, come se fosse una specie di tentativo. All’inizio sono arrivati alcuni pezzi che sottolineavano il sollievo, il lamento… cose che volevo esprimere… ma non erano del tutto giuste. Poi, per qualche istante, sono riuscito a sintonizzarmi su qualcosa, una sorta di emozione poligonale. Ho scelto di muovermi con essa. È un lamento? Un’aspirazione? Una vita di uscita? Non ne sono sicuro. Contiene una sorta di ottimismo? Nonostante tutto, credo – spero – che lo contenga. E anche altre cose”.