[#tbt] Punk prima di te: quando 2/4 dei Church suonavano nei glam-punk Baby Grande


Tutti conoscono gli australiani The Church, band che con dischi come “Heyday”(1986) e “Starfish” (1988) ha sublimato il suono jangle pop-post punk-neopsichedelico negli anni ottanta. Forse, però, ben pochi hanno mai sentito parlare dei Baby Grande, il gruppo glam-punk di Steve Kilbey e Peter Koppes, pesce fuor d’acqua nella scena musicale di Canberra della seconda metà degli anni settanta, movimentata dalle cover band hard rock .
Una storia breve e sfortunata : pochi concerti nei club tra il 1974 e il 1976, un’apertura agli AC/DC e alcune registrazioni demo per la EMI (nel 1977) senza ottenere un contratto discografico.
Una “gloria” postuma : negli anni alcune canzoni della formazione sono girate sul web illegalmente ma solo nel 2012 Kilbey ha lasciato il via libera per la pubblicazione di quattro brani della band, “Put You On My Wall”, “Pure White And Deadly”, “Madam Lash” e “Getting Away With Murder”. Tutti inseriti nel CD compilation “Addendaone”.
Quest’anno è però arrivata la svolta vera e propria, se così si può dire : a ottobre la HoZac Records ha chiuso definitivamente il cerchio scavando negli archivi e pubblicando il materiale demo, al completo, della band risalente al bienno 75-77.

I Baby Grande, seppur solo in nuce, mettono in luce il lato visionario e creativo di Steve Kilbey, che da adolescente viene travolto dall’ondata glam inglese :
“quando avevo 16 anni, mi sono innamorato di Marc Bolan e un anno più tardi mi sono innamorato di David Bowie. Questi due ragazzi…sono le due cose che più tengo a cuore.”, racconta il musicista alla radio pubblica neozelandese due settimane fa.
E benché Kilbey (in persona) consideri i Baby Grande – parole testuali – “una band orribile“, una raccolta come “Baby Grande : 1975-1977” è un’importante testimonianza storico-musicale per due motivi : prima di tutto scopriamo le origini di una band come i Church e poi, quasi a sorpresa, viene fuori la sensazione di trovarsi davanti a un band fuori dal proprio zeitgeist locale.

Ricorda Kilbey nella biografia di Robert Dean Lurie, “No Certainty Attached: Steve Kilbey and The Church: A Biography” (2009) :

“Canberra era come un fottuto microcosmo […], così tutto quello che veniva da Sydney era sempre meglio di quello che veniva da Canberra. A Canberra non piacevamo a nessuno. In quella fase, a Canberra, tutti erano presi dal funk- sai, roba come la Average White Band – o dall’heavy metal. Il modello era Black Sabbath o Deep Purple.”

E ancora parlando, invece, della sua visione musicale:
“Pensavo idealmente – alla David Bowie – che la musica dovesse essere presentata con una sorta di forte personalità, immagine e look.”

Tutti concetti ed influenze che si possono ritrovare nelle undici tracce edite, finalmente, dalla HoZac Records e nelle foto d’epoca della band : a volte con ingenuità e altre volte con un carattere artistico che comincia a farsi intravedere. Tra glam e punk, con tanto di citazione di “All Young Dudes” in “Going There and Back”.

(Monica Mazzoli)