PLASTIC MAN, “Sounding Aquarium” (Annibale Records, 2017)


Sarà forse il caso di cominciare a parlare della nuova scena “rock” fiorentina: rispetto agli anni ottanta wave, manca forse un tessuto culturale ricettivo e partecipativo – cioè, per dire, i posti dove suonare sono sempre meno – ma è innegabile che si stia creando un’aggregazione – magari sotterranea, underground si diceva una volta – di teste e idee. Nell’anno 2017 il fermento musicale nasce e ruota attorno a pochi e piccoli spazi: Tender, NOF, Combo e Glue. Intorno a questi locali, poi, girano – fondamentalmente – due etichette discografiche : la Black Candy Records e l’Annibale Records. I Plastic Man, giunti alla seconda prova discografica sulla lunga distanza, fanno parte alla grande di questo nuovo rinascimento: il primo album, “Don’t Look at the Moon” (2015), lo pubblicano – per l’appunto – per la sopracitata Black Candy e l’accordo di far uscire il proprio esordio per l’etichetta fiorentina avviene proprio in un post-concerto al Tender. Si viene quindi a creare un circolo creativo, vero e proprio, tenuto in vita anche da questo nuovo “Sounding Aquarium”, secondo CD/LP della band. Il lavoro esce, infatti, per l’Annibale Records, gestita da Mattia Bagiotti e Luca Landi dei Go!Zilla (gruppo garage rock in continua evoluzione), organizzatori tra l’altro di diverse serate live ai – già citati – NOF, Combo e Blob. E c’è però da dire che già nel debutto dei Plastic Man confluiva un pezzo di Go!Zilla, le parti di batteria erano suonate infatti da Fabio Ricciolo (batterista dei Go!Zilla, ovviamente). Nel frattempo, comunque, un po’ di cose sono cambiate: il gruppo ha una formazione nuova e totalmente diversa, fatta eccezione per Raffaele Lampronti (chitarra, voce, nonché membro fondatore). I nuovi arrivati – ormai da diverso tempo – sono Giacomo Papini (anche negli aretini The Ethel Floon e che ha anche suonato insieme a Scott Yoder) alla batteria, William Cavalzani alla chitarra/voce e Mattia Gabbrielli al basso/voce. Si è passati quindi da una line up a tre ad una formazione a quattro – che si è fatta anche diverse date europee . Rispetto al lavoro precedente, “Sounding Aquarium” ha un suono più pieno – le due chitarre si sentono decisamente – e la band sembra aver lavorato di addizione e non di sottrazione perché tutti i brani – tendenzialmente – inglobano al proprio interno più sfaccettature sonore: la traccia di apertura, “Bad’a’Boom”, per esempio, è una girandola a tutta velocità di umori garage rock, vibrazioni psichedeliche e leggere venature soul (soprattutto nella voce di Raffaele Lampronti); “It’s morning yet”, invece, è in bilico tra american nuggets e british invasion, il tutto però con un tocco moderno, assolutamente attuale e attualizzante. Le canzoni prendono quindi diverse direzioni stilistiche e non è certo il caso di parlare – solo – di rock psichedelico : termine che, alla fine, non vuol dire niente. Soprattutto nel caso di questo disco. Sicuramente la componente psichedelica – a livello di influenza – non manca, l’elemento centrale è però la ricerca di un insieme sonoro più grumoso, nel senso che amalgama input differenti: c’è il lato più (guitar) e garage pop e quello più sporco dato dagli intrecci di chitarra, che talvolta tendono ad essere quasi heavy psych. Un album, quindi, che non ha solo angolatura ma che vuole aprirsi a più suoni possibili. Un ottimo punto di partenza per modellare la propria personalità in musica.

70/100
(Monica Mazzoli)