SOLAR BEARS, “Advancement” (Sunday Best Recordings, 2016)

AdvancementNegli Europei di calcio che si sono appena conclusi si è delineata una regola, quella “dell’impegno precedente più gravoso”. La squadra che ha affrontato (e vinto) un avversario forte poi nella partita successiva è stata eliminata. E’ successo prima all’Italia, poi alla Germania, e poi alla Francia. La stanchezza fa brutti scherzi, ma forse non è solo quello: è la rilassatezza, la convinzione di avercela fatta, è il sedersi sugli allori. Ecco, per i Solar Bears è probabilmente successo lo stesso.

Qui non si tratta di sfide con altri, il match è in casa: il duo elettronico irlandese aveva compiuto uno sforzo immane con il precedente “Supermigration” (2013), album stratosferico old-school, e ora non riesce a bissare e viene eliminato. Si ponevano molte aspettative in questo “Advancement” e invece i Solar Bears si liquefanno e diventano evanescenti perdendo quel loro tocco pop che li portava ad accarezzare in maniera originale alcune intuizioni alla Air.

“Advancement” guarda in maniera sensibile ai Boards Of Canada senza una personalizzazione, tra musica concreta e scelte poco felici da un punto di vista sonoro. Non avendo più melodie a cui fare riferimento, l’album si trascina dunque stancamente tra paesaggi ben tratteggiati ma già visti (cioé ascoltati) troppe volte, orizzonti dipinti da chi è del mestiere ma che nell’occasione ha mandato a memoria il compitino. Quando – qua e là – riemergono suoni più definiti (“Wild Flowers”) oppure un po’ di ritmo (“Gravity Calling”) il risultato migliora, ma è poca roba. Mentre ascoltavo (e ascolto) sempre volentieri “Supermigration”, non mi viene minimamente voglia di frequentare questo “Advancement” dopo l’inevitabile conoscenza avuta per scrivere questa recensione.

Dai, Solar Bears, sarete stati eliminati da questi Europei, ma fra due anni ci sono i Mondiali, vedete di riprendervi.

48/100

(Paolo Bardelli)