Cannes chiama Kalporz: 22 maggio 2014

thumb (1)

Ultimi fuochi sulla Croisette. Le file all’ingresso delle sale si fanno meno pressanti, la folla che ostruisce il passaggio nei pressi del Palais si dirada con maggiore facilità, trovare un computer libero in sala stampa diventa sempre più facile e via discorrendo. Gli ultimi giorni di un festival cinematografico si trascinano dietro sempre un’aria di malcelata tristezza, mista a un torpore dovuto alla stanchezza accumulata nel corso delle due settimane – o poco meno – di proiezioni: quest’anno la sensazione è per di più acuita dalla pioggia infingarda che nella tarda mattinata di ieri si è abbattuta con rara e breve potenza sulla Costa Azzurra, mandando all’aria il tradizionale appuntamento dell’Aïoli, il pranzo che il sindaco di Cannes organizza per la stampa nell’ampia aia del castello che sovrasta la cittadina. Una vera disdetta, visto che erano un paio di giorni che pensavamo al cibo (e ai fiumi di vino) che avremmo incrociato. Ma tant’è…

Passando al cinema, abbiamo saltato a piè pari il primo film della mattina, Jimmy’s Hall di Ken Loach: dopo la sbornia esaltante della sera prima, con Adieu au langage e Kaguya-hime no monogatari, incappare nel Loach più deteriore, quello che prova a mescolare commedia e Storia, sarebbe stato a dir poco deleterio. La nostra giornata di visioni è così iniziata con Asia Argento e con la sua opera terza presentata in Un certain regard, Incompresa: un titolo che è tutto un programma, con la Argento che gioca con l’autobiografismo mescolandolo a schegge di evidenti amori cinefili e all’Incompreso di Luigi Comencini. Ne viene fuori un mezzo pastrocchio, che sbaglia per eccesso ma che conferma, al di là dei difetti, l’indubbia vitalità della Argento e l’ingenua freschezza del suo sguardo. Ben più maturo, per quanto non entusiasmante, è il successivo film presentato in Un certain regard, Charlie’s Country dell’australiano Rolf de Heer: un viaggio nella vita quotidiana degli aborigeni, che vedono usurpata la propria terra dell’uomo bianco e ristrette le libertà indispensabili. A tratti estremamente ispirato, grazie anche a un eccellente protagonista, Charlie’s Country si dimostra però diseguale, pur mantenendo intatto il proprio fascino.

La giornata si è poi conclusa con due recuperi del passato. Prima è toccato a Il colore del melograno di Sergej Paradžanov, ammirato per la prima volta sul grande schermo dopo un discreto numero di visioni televisive: un capolavoro che vive di una composizione di immagini purissima, inattaccabile, devastante. Peccato che il popolo degli accreditati abbia deciso di rovinare l’evento con una continua e inarrestabile fuga dalla sala. Un malcostume sempre più difficile da debellare. In seconda serata abbiamo poi avuto modo di rivedere per l’ennesima volta l’immenso The Texas Chain Saw Massacre di Tobe Hooper, horror capitale nella storia del cinema statunitense (e non solo). Il film, ospitato dalla Quinzaine e a sua volta restaurato, è stato accompagnato in sala e sul palco non solo da Hooper – evidentemente commosso dall’ovazione ricevuta – ma anche dal fan numero uno Nicolas Winding Refn, che ha deliziato il pubblico con una presentazione da antologia. Piccole gemme che si possono incontrare solo nei festival, alla faccia di chi dice che non servono più…

(Raffaele Meale)

23 maggio 2014

Film cast – Path – Jimmy’s Hall © FDC / G. Lassus-Dessus