DANIEL JOHNSTON, “Space Ducks” (Feraltone, 2013)

indexLa copertina di “Space Ducks”, comic ideato e disegnato da Daniel Johnston e di cui questo album appena uscito è la colonna sonora recita “An Infinite Comic Book Of Musical Greatness” . Grandezza musicale, quasi si trasecola accostando a un concetto tanto mistico e imponderabile un artista come Daniel così dimesso, così infelice e felice insieme, segnato dalla sofferenza mentale e dalla fanciullesca passione per la musica, la Sci-Fi e i fumetti, icona suprema dell’understatement forzato e dell’ispirazione religiosa. Ma i piccoli nel mondo di Johnston saranno innalzati. Questa storia ne è un paradigma.

“You Too Can Win” scrive ancora sulla prima del comic, con grafia tremolante e infantile, come la sua voce che se si spezza non è solo per il dolore di una vita oppressa dalla depressione e dalle ossessioni mistiche, ma è anche per cantare una bellezza che ancora lo incanta e lo schianta. Chi conosce Johnston viene catturato e accecato soprattutto dalla sua personale battaglia con il Nemico, con Satana in persona, non riuscendo sulle prime a vedere il succo della vicenda e il cuore della “piccola” arte di Daniel che investe persino il fumetto, che racconta di come un innocuo papero spaziale venga investito di una missione (portata a compimento con muscolare violenza): sventare il piano di distruzione finale del nostro pianeta da parte di Satana. Tra i colori sgargianti e i tratti infantili e commoventi delle vignette viene urlata una fede radicata: che i piccoli per vincere devono far sì che la battaglia che li coinvolge sia senza quartiere! Il segreto di Daniel, il segreto della sua arte, la tenacia dei piccoli, la forza dei deboli, il coraggio degli sconfitti sono di fronte a noi.

È questo che ci commuove nella sbilenca title track “Space Ducks”, nella fiera “American Dream”, che nelle pennate di chitarra riproduce forse il verso e l’incedere di tanti paperi, in “Sense Of Humor”, un’accorata ballata beatlesiana, il pezzo più bello, in “Mean Girls Give Pleasure”, fantasia erotica professata come verità salvifica, unico tesoro contro la morte. O ancora in “Wanting You”, che nella sua vivacità si arrovella un senso mortifero di sconfitta: che esplode ovunque un senso di vitale trionfo, che la voce spesso in falsetto portata all’eccesso dalla tensione della battaglia si spezza ma non per la paura, che questo “piccolo” uomo sconfitto e senza speranza avanza nel trionfo con una voce da fanciullo per farsi-farci coraggio.

Parlare di Daniel fa quasi dimenticare che questa volta non si è presentato all’epico scontro tutto da solo, ma accompagnato da altri fidi paperi d’avventura, altri sette artisti che hanno voluto condividere con lui la soundtrack arricchendola ognuno di un proprio brano, ovvero i Fruit Bats (“Evil Magic”), Jake Bugg (“Man On The Moon”), Eleanor Friedberger (“Come Down”), gli Unknown Mortal Orchestra (“Satanic Planet”), Die Mason Die (“My Favorite Cave”), Lavender Diamond (“Moment Of Laughter”) e i Deer Tick (“Space Ducks”). Ognuno di loro, tra cui spicca il giovanissimo Jake Bugg che spopola in Gran Bretagna, condivide con gradazioni differenti uno sguardo folk sul mondo, chi più chi meno da freak psichedelico, per cui non ha avuto difficoltà a calarsi nel mondo delirante di Daniel, e lo ha fatto interpretando la parte di lodevole spalla più che da comprimario, da mestierante, in posa. Belle le canzoni ma troppo risucchiate nel gorgo di Daniel per vivere di vita propria. Senza valutazione.

72/100

(Stefania Italiano)

9 giugno 2013

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