OMID JAZI, “Onde Alfa” (Hot Studio, 2013)

Avere sempre un’etichetta appiccicata in fronte non è certo un bel destino. Deve averlo pensato anche Omid Jazi, forse stufo di tarpare gli slanci personalistici, e del quale si sa abbastanza poco se non che ha vestito i panni del “quarto Verdena” nell’ultimo loro tour.
Per scollarsi il bollino dalla fronte, già un anno fa infatti aveva fatto uscire “Lenea”, un EP con cui anticipava quello che oggi troviamo in “Onde Alfa”: un pop psichedelico, un caleidoscopio di testi e suoni elettronici, digitali ed analogici.
Questa era la premessa. Se ne avete colto i toni formali avete colto bene, perchè lo svolgimento è molto meno abbottonato.

Nello svolgimento ammetto che il tappeto elettronico, i giochi di synth e di sequencer possono anche sembrare piacevoli all’ascolto, che l’impianto pop proposto da Omid Jazi può anche divertire. Il problema però è che con il passare dei minuti e delle tracce il videogioco musicale finisce per annoiare: la voce – sempre a tanto così dalla stecca – non è esattamente quella che si ascolta facilmente, le basi pompose, decandenti, sature, malinconiche sono tutte troppo simili tra loro, in qualche modo pesanti. Certo, qualche slancio non manca: “Memoria Allocata” è un pezzo ben riuscito e bello carico, e a sorpresa mi diverto mentre Omid Jazi canta robe matte come “La memoria allocata fisica deframmenta il disco rigido: di notte non fa da sé, sogna più di te, e la mattina non è più lento”, quasi come se prendesse spunto dal Battiato-fuori-di-testa degli anni Settanta. E anche il lento intenso progredire di “Giulietta Ha Le Chiavi” in qualche modo mi convince.

Ma se facciamo il conto, alla fine i pezzi che si salvano dal tedio elettronico sono davvero pochi. E sorge spontaneo il dubbio: forse Omid Jazi dovrebbe confezionare solo EP, cucinarci dei leggeri antipasti, ché un disco intero – almeno per ora – non siamo in grado di digerirlo. È proprio come se il disco durasse troppo rispetto a quanto ne sentiamo il bisogno, uno strascico di canzoni che finisce con l’essere piuttosto fiacco sul finale.

Quando ero al Liceo ogni tanto mi capitava di incominciare i temi benissimo, per poi perdere il filo verso la fine. Il cinquemmezzo.

55/100

(Enrico Stradi)

20 gennaio 2013

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