Intervista ai Rio Mezzanino

Nel recensire “Love Is A Radio”, il nuovo disco dei Rio Mezzanino, ci è venuta voglia di approfondire la conoscenza del quintetto fiorentino per cui abbiamo fatto loro qualche domanda. Ecco cosa ci hanno risposto.

Quattro anni passati da “Economy With Upgrade”. Come sono trascorsi? Quanto è durato il lavoro per portare a compimento “Love Is A Radio”? (Federica) Sono stati quattro anni di lavoro, sia di concerti che di prove in studio. Abbiamo suonato molto “Economy” scrivendo nel frattempo i nuovi pezzi e testandoli da vivo. Nel 2010 è uscito l’ EP “together to get out” con alcune anticipazioni del nuovo disco e abbiamo collaborato con registi e videomaker sia per spettacoli a teatro sia alla registrazione del video di Sleep together, primo singolo di questo nuovo lavoro. La formazione nel frattempo è passata da 5 a 4 elementi ed il lavoro è stato molto più intenso e concentrato sul rendere efficaci tutti i brani anche dal vivo. Le “riflessioni” sul nuovo disco sono state abbastanza lunghe, la registrazione ed il mixaggio invece hanno richiesto poco tempo.

Il disco, pur conservando l’impostazione musicale di quello precedente, aggiunge qualche novità, e mi riferisco soprattutto ad un maggiore uso dell’elettronica, centellinata davvero sapientemente. Perchè questa scelta? (Leonardo) L’elettronica è stata principalmente usata come colore da utilizzare in alcuni momenti. Poi, in realtà di suoni sintetici credo non ce ne siano: i suoni che si possono definire ”elettronici”, sono stati suonati, per poi essere trattati in sede di mixaggio. Penso per esempio alle batterie di My Enemy JR, o al sassofono di Animal. Le percussioni che abbiamo inserito, dal “cassone” di ferro di Get me Down, alle temple block di A star e Sleep Together, l’udu su “mint & holy water o al gong di “silver” provengono tutti da strumenti acustici.

Ci sono stati dei dischi che ascoltavate mentre eravate al lavoro per “Love Is A Radio” e che vi hanno influenzato? (Leonardo) Nel periodo in cui abbiamo composto l’album, gli ascolti principali che ho avuto sono stati “Third” dei Portishead, “Miami” dei The Gun Club , “Embryonic” dei Flaming Lips, “The perfect prescription” degli Spacemen 3. E poi beh, quelli in rotazione perenne, quindi Dylan, Wilco, Waits e tanta black music, dalle tamarrate ai classici. (Oretta) Sicuramente un po’ di influenza l’hanno avuta gruppi elettro-pop come XX e Phantogram, specie per l’attitudine minimalista con cui abbiamo arrangiato figure ritmiche di batteria, riff di chitarra e giri di basso: abbiamo cercato cioè di creare incastri essenziali con aggiunte progressive di suoni e dinamiche. Stessa cosa è valsa per gli intrecci melodici delle voci che spesso non sono cori ma veri e propri controcanti, a creare un dialogo fra anima maschile e femminile della band.

Un disco sul tema dell’amore può essere una scelta davvero pericolosa, e voi avete saputo trattarlo in maniera molto personale e apprezzabile. Sentivate molto forte l’esigenza di esprimervi su un tema così scivoloso? (Antonio) Beh il tema “amore” è trattato con la dovuta leggerezza, niente vuole essere troppo serio. Diciamo che l’argomento è estremamente versatile e permette di essere guardato da infinite angolature. Nel mio caso parto da esperienze autobiografiche per poi astrarmi e giocare con più di un io narrante. Il risultato e’ un dialogo continuo tra una persona e la musica,la melodia che diventa controparte liquida e femminile,l’unica cosa in grado di farmi sentire reale quando tutto intorno sembra inafferrabile e la vita scivola tra le dita.

(Enrico Stradi)

22 dicembre 2012

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