THEGIORNALISTI, “Vecchio” (Boombica Records, 2012)

Federico Guglielmi li detesta, probabilmente perché è un uomo “vecchio”, di quelli che ne hanno visti così tanti di Grandi da non avere molta indulgenza nei confronti della fatica dei piccoli e del tentativo personale e creativo di rimettere insieme i cocci della grandezza, di ritrovare un punto dal quale partire senza consumarsi nel girare su se stessi a vuoto.

I Thegiornalisti, giovani di Roma già conosciuti per il loro primo album Vol.1, sono i nostri piccoli in questione, di quelli che ci provano veramente a tenere alta la media qualitativa della produzione musicale italiana con Vecchio”,  il loro nuovo lavoro (registrato negli studi di Abbey Road), di quelli che usano i Grandi non sbagliando l’approccio, di quelli che sanno di aprire una parentesi che non cambierà la storia gloriosa del passato, ma che dentro quella parentesi scrivono versi e musica in cui credono ciecamente.

Un’ispirazione senza prezzo attraversa i versi e la musica dei dodici pezzi confezionati con esperienza da Tommaso Paradiso&Co nella forma canzone rapida e breve, che non usa giri di parole per spiegarci come la lezione dei ’60 può coniugarsi con la sensibilità italiana del ventunesimo secolo: freschezza compositiva della melodia (dono che ad avercelo!) e nessuna sottovalutazione della musicalità della parola (che a capirlo!).

“Vecchio” è un album che scorre dentro una festa, velocemente, allegramente, tra umorismo ubriacone e sghembo romanticismo, tra altoparlanti gracchianti e chitarre sfibrate dalla gioia di esserci, straripante di gioventù e di quell’ironia intelligente che usa specifici linguaggi giovanili – garage rock appassionato, hard rock stoniano o quando necessario punk demenziale che ricorda in maniera quasi commovente l’esperienza degli Skiantos, cantautorialità ’70 per romanticismo vintage o swing ironico alla Sergio Caputo – per scavare un solco più doloroso sulla nostra vecchiaia. Infatti la vena dei Thegiornalisti è di liricità matura e pensosa perché, come noi, sono figli del commiato da un’epoca, cantori di un’elegia che può raggiungere toni intensi solo di fronte ad un tramonto verso il quale è necessario cantare spensierati, a gola spiegata, eternamente “giovani” e punk quando ridere e irridere è l’unica legge che ci farà sopravvivere. In fondo che ci vogliamo fare? Mah, per quello che ne so “portiamoci la musica, le parole, qualche sogno e vedrai che poi il cielo brillerà sempre di più”.

70/100

(Stefania Italiano)

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *