LEWIS FLOYD HENRY, “One Man & His 30 Watt Pram” (Adjust/Audioglobe, 2011)

“One Man & His 30 Watt Pram”. Oppure, one man & his magic powers. Se proprio ci si deve costringere a scegliere categorie e classificazioni, si dovrebbe riferire che “One Man & His 30 Watt Pram” è un disco di blues sgarbato e robusto, di quelli che feriscono e ti fanno innamorare per la loro lunaticità, e tanto basterebbe. Ma non è proprio così, dato che, partendo da un blues lercio e cencioso, ma con tanta energia da sostituire il sole, tra esplosioni rock à la Jon Spencer e la classicità di mille padri fondatori del genere, si arriva a lambire meravigliose tangenti garage, affondi swamp di elettriche (“Miss Dual Carriageway” è scintille di elettricità infernale simil metal) e acustiche, intente a trombare senza ritegno, mentre si viene sedotti da melodie sfatte da far invidia a Ty Segall e Jack White.

Due canzoni due: “Went To A Party” sarebbe da antologie sul garage, “Magic Carpet” è un viaggio nel mondo weird folk con dosi di psichedelia grosse così. Poi, leggendo le note della press release si scopre che Lewis è stato pescato in quel di Londra mentre suonava per strada (esattamente come in copertina), giunto lì negli anni ’70 dalla Jamaica, assieme ai genitori, ed è pronto pure il personaggio. Restano davvero, dodici pezzi ricchi di un’inventiva straordinaria, capaci di prendere coscienza delle proprie radici e stravolgerle senza pietà, trascinati da una voce enorme, piena, rotta, in falsetto, al servizio di una sensibilità musicale ricolma di intelligenza e cuore (e non manca neanche la pop song dalla melodia deliziosa, ma sempre malata, “Way Out There”) capace di impressionare per davvero, al di là di tendenze ed hype del cacchio. Stracolmo di vitalità musicale.

80/100

(Giampaolo Cristofaro)

13 febbraio 2012

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