TY SEGALL, “First Taste” (Drag City, 2019)

La formula del rock’n’roll è semplice : verso, ritornello, verso ecc. . Ty Segall, tra i musicisti simbolo della scena garage rock psichedelica californiana degli ultimi dieci anni (e più), la conosce bene. La sua discografia, corposa ma quasi sempre dall’alto livello qualitativo, n’è la prova più palpabile : collaborazioni, album autografi, live – tutti progetti all’insegna di un suono chitarristico personale, ben riconoscibile, anche se debitore prima del lo-fi garage sixties (psichedelico, acido), poi di certo folk acustico e infine dello stile glam bolaniano. “Freedom’s Goblin” (2018), penultimo lavoro in studio di inediti dell’artista americano, è un po’ la summa di tutte le sfumature dello spettro sonoro “segalliano” : un caleidoscopio elettrico, impazzito, in bilico tra garage, glam, hard rock, heavy psych, funk.
Con l’ultimo “First Taste” (2019), invece, le carte in tavola cambiano radicalmente in chiave compositiva : niente chitarre.
“Ascoltavo i miei vecchi dischi e pensavo che magari stavo finendo un po’ in una sorta di formula. Mi sono […] sentito di rompere quel ciclo di songwriting” (Ty Segall, Paste Magazine – luglio 2019).
Cambia quindi il modo di comporre le canzoni ma il suono, seppur senza chitarre, resta lo stesso (“The Fall”, “Radio”) : la scrittura di Segall dimostra di avere un’identità così forte da riuscire plasmare a proprio piacimento il suono di “fabbrica” da una cornice strumentale più “sperimentale” e meno “rock” : due batterie (Segall sul canale sinistro, Charles Moothart su quello destro), sax suonato da Mikal Cronin (collaboratore da una vita, tra l’altro), piano, clavinet, synth suonati da Ben Boye e mandolino, bouzouki greco, koto, omnichord nelle mani di Segall.
Si potrebbe dire che mutano gli addendi della somma ma il risultato resta invariato.
La musica però è un’opinione, è meglio quindi limitarsi a dire che Ty Segall ha ormai un proprio stile, delineatosi nel corso delle numerose pubblicazioni discografiche dell’artista.
Prolifico sì ma con una propria cifra autoriale ben definita.


75/100

(Monica Mazzoli)