ISLET, “Illuminated people” (Shape Records, 2012)

Già dall’anno scorso si capiva che gli Islet sarebbero stati dei predestinati. I sei pezzi dell’ottimo ep “Wimmy” mostravano un gruppo alla continua ricerca della più ampia sperimentazione musicale. “Illuminated people” è l’album d’esordio della formazione gallese ed è qualcosa di così spiazzante che si ha subito la certezza di trovarsi di fronte a un disco importante. I dieci pezzi che lo compongono andrebbero smontati e analizzati a uno a uno. Perché in questa opera prima degli Islet convivono in equilibrio pop e indie rock, e tanti altri generi, mescolati fra loro. Ma quello che colpisce dello stile della band è la continua destrutturazione della forma canzone classica, mantenendo al contempo una certa orecchiabilità. Probabilmente è l’utilizzo di un sound non dissonante che permette tutto questo.

Una destrutturazione quasi totale se si prende come esempio il pezzo d’apertura, “Libra man”. La successiva “This Fortune” è invece un autentico delirio di chitarre e organo dalle forti tinte psichedeliche. “What we done wrong” può vantare un affascinante incrocio di voci e sopra il chitarre e tastiere, mentre il lento incalzare pop di “Entwined pines” pare quasi il momento più classico del disco. Ogni angolo, ogni minuto di “Illuminated people” contiene sempre qualche sorpresa, indovinare come proseguirà un brano è un impresa impossibile o quasi. Per esempio è sicuramente inaspettato il piglio un po’ folk un po’ lo-fi di “We bow”. “Shores” potrebbe essere definito come una sorta di math rock minimale, mentre il crescendo di “Filia” quasi sta all’opposto rispetto alla conclusiva e scelta come primo singolo “A bear on his own”, un incalzante esempio di indie vagamente pop. “Illuminated people” stordisce per la quantità di suoni e soluzioni compositive al suo interno. Se il futuro della musica ha bisogno di una band in cui riconoscersi, ora ci sono gli Islet.

87/100

Francesco Melis

17 febbraio 2012

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