EVOL/VE, “Evol/ve” (Offset, 2010)

“Evol/ve” è un dischetto registrato a Firenze (con lo zampino, al banco di produzione, dell’onnipresente Giulio Ragno Favero) da Massimo Pupillo (Zu), bassista saggistico di forte personalità sonora, in coppia con Fm Einheit (aka Frank-Martin Staub, aka Mufti, pontefice percussivo del rumorismo storico e primo ministro degli Einstürzende Naubauten). Siamo dalle parti del nuovo industrial, (post) post ambientale, lì dove concettualismo, improvvisazione, astrattismo e materialità si traducono in vaporosa noia e insopportabile autocompiacimento: nove composizioni improvvisate di ripetitiva opacità e indulgenti divagazioni industriali, volte a un certo spettralismo di inizio secolo scorso e al debole irrazionalismo che fa dell’impossibilità di piacere immediato una ragione estetica di bellezza cerebrale.

Un’avanguardia che non meraviglia, alle prese con variazioni di densità sonora, dove il dissonante disperde la propria forza dirompente, facendosi sfuggente, mancanza e ripresa nel variare di vuoti e pieni espressivi. Pupillo sfiora e colpisce le corde del suo basso producendo un suono corrotto o rarefatto da effetti (molte volte poco ad effetto) dilatanti e strutturando nell’amorfismo atmosferico orditi di note d’angosciosa attesa e di rumori rosa; Fm Einheit martella, sega e trapana aria e lastre di metallo, producendo squarci, strepiti, tonfi, rombi, urti e graffi rotolanti. L’effetto generale non incanta né spaventa e i due non sembrano raggiungere la buona sintonia sperata. Probabilmente, in dimensione live, la scena di Fm Einheit piegato sul pavimento a trapanare e distruggere mattonelle riuscirà ancora ad affascinare, ma su disco la sensazione è scialba e fastidiosa, fine a se stessa: i palazzi nuovi sono già crollati da un pezzo; che senso ha ora accanirsi sulle piccole e insignificanti macerie?

Il senso di attesa e d’indeterminazione così ricercato, o in qualche modo raggiunto, dai due musicisti ha davvero poco da comunicare e agisce male, mal presentandosi e mal sviluppandosi e tutto (ogni intenzione, pre-giudizio, fascinazione, affezione o aspettativa) langue o delude suonando: non evol-ve. Va leggermente meglio lì dove il duo esegue movimenti più aggressivi, mirando all’impatto frontale, come in “#7”, o quando produce atmosfere più horror, come in “#3”, “#8” e “#9”, ma sono solo episodi in mezzo al nulla. La ragione della delusione concerne il prevedibile: tritando il trito e ritrito, la forma si sgretola a tal punto che è difficile conservare un qualsivoglia contenuto di onesta autosufficienza. Questo disco suona, appunto, inespressivo e scipito, senza furor e senza forza estetica. Inutile e sbagliato… non sono cattivo, è che siamo nel 2011. Passaparola.

40/100

(Giuseppe Franza)

5 aprile 2011

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