VLADISLAV DELAY, “Vantaa” (Raster-Noton, 2011)

Il precedente “Tummaa”, più che “Whistleblower”, ha inaugurato la nuova fase di vita musicale e ricerca sonora di Sasu Ripatti. Sempre meno ricorso ad elementi di genere (meno influenze techno o dub e assenza di cassa in 4/4, ad esempio) o comunque introiettati in landscape e stratificazioni sonore dai ritmi rifratti e destrutturati, come in “Kaivue”.

“Vantaa” è ulteriore passo in quella direzione – così come lo sono stati i recenti progetti a nome Vladislav Delay Quartet e Moritz Von Osvald Trio in campo Jazz e il connubio con AGF – nonostante non riesca ad infondere quella sensazione di euforia dovuta a quando la propria anima esulta per ciò che si ascolta. Magari quest’anno, dischi come quelli di Biosphere o Dadavistic Orchestra, hanno saputo focalizzare meglio determinate istanze innovative legate alla felice ispirazione del momento, ma sarebbe un errore sacrificare “Vantaa” sull’altare del nuovo per forza, sia perché è inserito in quel continuum di crescita personale di Sasu di cui si accennava, sia per la forza che trasmettono determinati momenti.

Il tramestio ritmico quasi industrial di “Lauma”, ad esempio, giunge a sorpresa ad infrangere la meticolosa “calma” tessuta sino ad allora, per poi risanarsi nell’alveo dall’impatto house (!) di “Levite”, con il beat che si aggrega poco a poco a tutto il resto. Disco di gran classe “Vantaa”, paga pegno essendo “solo” un mezzo passo in avanti lungo l’affascinante percorso di un musicista enorme come Ripatti.

70/100

(Giampaolo Cristofaro)

23 dicembre 2011

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