AUTECHRE, Oversteps (Warp, 2010)

Ha, paradossalmente, il sapore di qualcosa di nuovo; è ispirato, scorre, sembra avere senso. “Oversteps”, appena due anni dopo l’ostico e pressoché ininfluente “Quaristice”, riporta in carreggiata il progetto della coppia Both – Brown.
Parte e già sembra migliore; prosegue meritandosi ancora fiducia. In tracce come “Qplay” si ritrova, con grande piacere, il sapore degli Autechre. Niente, ormai, poteva, in effetti, essere dato per scontato.
C’è tanta poesia (“See On See”), ci sono una rinnovata voglia di comunicare, di fare compagnia, di farsi ascoltare. Un album, “Oversteps”, che è pienamente capace di fare ambiente, di descrivere atmosfere, di cullare pensieri.
Non ha tempo, nel senso che non ha necessari legami con l’anno 2010. E’ più, in tutte le sue tracce, come un’uscita dal tunnel di un eccessivo e ridondante sperimentalismo. Suona paziente e discreto (“Treale”) è, di nuovo, metallico, ruvido e cerebrale nel senso vero ed essenziale che ha caratterizzato la musica elettronica degli Autechre.
Qualcosa torna a muoversi, qulacosa scricchiola; “Ilanders” è un tumulto sotteraneo che sembra far vacillare la solidità del terreno. E’ un lavoro introspettivo (“Os Veix3”) che sembra, in alcuni momenti farsi quasi silenzioso. Batte, deflagra, sopravvive.

E’, in definitiva, un punto di (ri)partenza; qualcosa di assimilabile ad una versione meno ostica e violenta delle produzioni che hanno seguito l’ancora inarrivabile album d’esordio “Incunabula” (Warp, 1993) ed il successivo Amber (Warp, 1994). Un album pienamente godibile (“0=0”) che ci restituisce il piacere di ascoltare quella che resta, tra tutti i protagonisti delle avanguardie elettroniche dei primi anni ’90, una delle compagini che più ha segnato l’intero movimento.

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