FM4 Frequency Festival 2009 (St. Pölten, Austria) (20 agosto 2009)

FM4 FREQUENCY FESTIVAL 2009

Cosa ci facciano i Radiohead in un festival del genere, non ci è dato sapere. In questo anomalo mini-tour delle prime volte in Austria, Polonia e Repubblica Ceca con gran finale nella classica britannica del Leeds/Reading Festival, che parte proprio da St Pölten, ridente città austriaca a un’ora da Vienna, nel Green Park, location a metà strada tra parco e spianata di cemento circondata dal verde. Due parchi, uno diurno e uno notturno, e sette palchi in cui si alternano centinaia di band senza un particolare filo conduttore. Che sia varietà, e lo testimonia la varietà della fauna in platea malgrado la netta prevalenza di teenager teutonici in cerca di casino rigorosamente organizzato, o che sia improvvisazione, tra vecchi e nuovi big new name britannici, electro e improbabili artisti tedeschi, poco importa, perché la qualità, in fin dei conti non manca.

20 AGOSTO 

Mentre un continuo sciame di indigeni trasporta incessantemente indefiniti quantitativi di birre in lattina dal più vicino ipermercato al campeggio del festival, il malinconico battesimo del fuoco nell’assolato primo pomeriggio austriaco tocca a un reduce dei reduci dei Ramones. CJ Ramone prova a scaldare una platea prematuramente su di giri con ripescaggi vari dalla triste epopea dell’incontrastata leggenda punk del ventesimo secolo. Ci riesce e il tutto fa sorridere, non solo per i quattro quarti ma soprattutto per scene di pogo e crowd-surfing alle due di pomeriggio. Meglio risparmiarsi utili energie per resistere alla maratona di quindici ore tra i due parchi e seguire il nostalgico teatrino con il giusto distacco dalla sala stampa che offre birre e bibite e in cui si avvicendano, indiscriminatamente accomunati dal tasso alcolemico, star del festival note (Glasvegas, Jet, Ting Tings, Eagles Of Death Metal, AFI, Rise Against) e meno note almeno nel resto d’Europa (Peter Fox, Volbeat, Cuveé), sedicenti fotografi e ancor più sedicenti icone dei media nazionali.
Intanto prendono posto sul palco principale i Glasvegas, che oltre a riproporre il solito ruffiano messaggio d’amore alle ragazze del luogo “the best ever seen” sfoderano tutto il potenziale di band da stadio con un sound che, senza perdere il peculiare impatto shoegaze che tanto ha apprezzato uno dei loro sponsor Alan McGee, convince per compattezza. Ci sono quasi tutti i brani dell’acclamatissimo esordio, da “Geraldine” alla stranota “Daddy’s Gone” passando per la corale “Go Square Go”.
Arriva subito la parentesi it’s only rock’n’roll con la rovente esibizione degli australiani Jet che, pur spudoratamente derivativi, picchiano duro e tengono il palco a meraviglia, mai sottotono da “Cold Hard Bitch” a “She’s A Genius” senza tralasciare quel mezzo di plagio di “Lust For Life” che li ha resi famosi e che comunque divertente sempre. Se non l’aveste capito, l’incontenibile “Are You Gonna Be My Girl”.

Varietà si diceva, così, mentre il promettente brit-rock cantautorale dei The Neon Empire inaugura il palco curato da NME, sono i Ting Tings, il duo dei tormentoni indie del 2008,a spaccare a metà il pomeriggio con un live divertente e coinvolgente, introdotto con pose da cyborg da Jules De Martino e sommerso da un’ovazione alla comparsa della menosissima Katie White che tra moine e balletti ogni tanto suona anche qualcosa e se la cava dignitosamente alla voce. Il sound rende, “Great DJ”, “Shut Up And Let Me Go” e la conclusiva “That’s Not My Name” sono a dir poco esplosive come resa ma il confine tra avanspettacolo e live è molto labile per l’abuso di campionature; inevitabile visto che sono in due sul palco, dividendosi i compiti tra basso e synth e chitarra-batteria che lui suona addirittura in contemporanea.

Guardandosi bene dal sorbirsi fenomeni punk da baraccone, si smaltisce a fatica la defezione dell’ultim’ora degli attesissimi A Place To Bury Strangers – impagabile la protesta col fonico del WeekenderUk-Stage di una ragazza che chiede indietro i soldi del biglietto cercando di coinvolgermi nella vertenza – con l’eccentrico trio inglese delle An Experiment On A Bird In The Air Pump, tre asiatiche sovrappeso vestite poco più austeramente di Beth Ditto che buttano giù un post-punk da scena newyorkese di fine anni ’70 con virate no-wave da fan di James Chance e Lydia Lunch. Meglio dei The Cinematics venuti a rappresentare la Scozia con il loro rock torbido e dalle reminiscenze Eighties.
Si ritorna sul palco principale con gli Eagles Of Death Metal che senza Josh Homme comunque non deludono le attese con un incandescente set (su tutte “I Only Want You”) che prepara il terreno per gli eroi della serata. Il southern Jesse Hughes col suo baffone da bifolco è simpatico, il live decolla subito e scivola via che è un piacere.

Prima volta in Austria anche per loro, i Kasabian chesi dividono il ruolo di headliner con l’ineffabile icona del reggae/hip-hop commerciale mitteleuropea Peter Fox e i barricaderi Rise Against, per i quali non verrà spesa una parola di più. Kasabian, appunto, che sul palco acquisiscono sempre più sicurezza rispetto agli incerti esordi, anche grazie all’esperienza acquisita nei grandi stage inglesi ed europei.

Il nuovo “The West Rider Pauper Lunatic Asylum” è un passo avanti pur non riportandoli ai livelli del clamoroso esordio e il duo iniziale “Vlad The Impaler”-”Underdog” con in coda “Shoot The Runner” ne è una prova lampante. Meighan è uno sbronzo innamorato di se stesso, il mezzo italiano Pizzorno graffia e ricama che è un piacere, così le nuove si infilano alla perfezione tra i classici “Processed Beat”, “Club Foot” e “Cut Off” celebrando la carica surf-rock di “Fast Fuse” e la lisergia madchester di “Where Did All The Love Go”. L’inno “L.S.F.” chiude lo spettacolo, ma non la serata. Perché si va con loro a ballare sui 2ManyDj’s, anche se Meighan e soci non prenderanno una delle navette prese letteralmente d’assalto e dirette al Night Park, il cui cartellone a tratti supera qualitativamente quello del parco diurno. Non solo per Body & Soul e l’irriverente show dei due Soulwax con il loro inimitabile divertentismo electro-dance che dal proclama introduttivo “Hey Boy, Hey Girl, 2 many dj’s, here we go” nella revisione dell’inno dei Chemical Brothers, è il solito esaltante inseguirsi di inni pop, da Michael Jackson a Madonna, passando per i loro remix più riusciti per Hot Chip, MGMT, The Gossip, omaggi a tema come quello a Mozart e tanto altro. Tra vertiginose accelerazioni ai limiti dell’electro-clash, house dura e pura, con insopportabili pause forzate e devastanti reprise.

La cattivissima drum’n’bass di Aphrodite nell’Elektro Floorè il sequel notturno della carneficina dei Pendulum, noti per il remix di “Voodoo People” dei Prodigy e incontrastati protagonisti del Green Stage. Non che ci voglia molto per primeggiare nell’altro palco all’aperto che ha come unica attrattiva l’ombra e il curatissimo prato inglese nello stucchevole susseguirsi di un’accozzaglia di nomi nazionali o tedeschi intermezzati da qualche raro sprazzo di musica, dalla nu-rave degli Enter Shikari all’algido electro-rock dei Duné.
Nell’NME Floor invece si consuma uno dei momenti più di costume, per usare un eufemismo, della giornata. Coi dj-set della potentissima rivista Michael Mac e Fake Lashes che ricreano un angolo di KOKO e del suo venerdì indie nei prefabbricati della zona industriale della città, presentando il dj-set di Carl Barat, partner di Pete Doherty nei Libertines e leader dei Dirty Pretty Things. Il devastatissimo e improvvisato dj non sta in piedi, smascella senza soluzione di continuità, passa la maggior parte del tempo a bere qualsiasi cosa gli passi sotto mano stringendo mani a caso e firmando illeggibili autografi alle austriache finto-inglesine urlanti. Il lavoro sporco al malcapitato tour-manager, vero eroe della giornata, che ripaga la piccola platea dello scempio mettendo su i dischi che Barat non riesce a maneggiare e dispensando drink e canne alle prime file.

KASABIAN
Vlad the Impaler
Underdog
Shoot The Runner
Cut Off
Processed Beat
Empire
Where Did All The Love Go
Take Aim
Fast Fuse
The Doberman
Club Foot
Stuntman
You Got The Love (Candi Staton Cover)
L.S.F.

The TING TINGS
We Walk
Great DJ
Fruit Machine
Keep Your Head
Shut Up And Let Me Go
Impacilla Carpisung
That’s Not My Name