MANIC STREET PREACHERS, Send Away The Tigers (Columbia, 2007)

Vista ora, la parabola dei Manic Street Preachers si rivela come facilmente prevedibile nel contesto delle carriere pop-rock di lunga durata: una partenza giovane e caotica (“Generation Terrorist”), una maturità rabbiosa (“The Holy Bible”), una virata verso il pomposo ma efficace ritornello da stadio (“Everything Must Go”) e un arrivo fra la noia e l’introspezione del pop melodico soft (“tutto il resto”). E poi la pausa.

Al ritorno da sortite soliste non troppo fortunate, James Dean Bradfield e Nicky Wire riprendono in mano la ragione sociale e di fronte al bivio che vede alla loro sinistra un nuovo numero di melodie blande arrangiate con la verve di un bradipo, e alla loro destra un ritorno verso sonorità più aggressive, propendono per la seconda ipotesi.
In realtà entrambe le scelte sanno di comodo, perché entrambe già battute e sondate al massimo delle possibilità. I Manics non saranno mai innovatori e l’unica cosa che possono tentare di fare è scrivere belle canzoni.
Ed è proprio questo il punto.
Se dal punto di vista dei suoni questo “Send Away The Tigers” a volte riesce a graffiare (ma non troppo, sia chiaro… diciamo alla maniera di “Everything Must Go”), sono le canzoni ad essere nel tremendo standard dei Manics medi. Quelli che ti sei già sentito – e goduto – in “A Design For Life” o “Australia”. Così melodici da rimanerti in testa, eppure non così paraculi da dovertene vergognare.
In questo senso la title track posta in apertura è perfetta. Ti senti a casa perché sai già esattamente quello che succederà per tutta la durata del pezzo. E così per tutto il resto del disco: dalle rullate efficaci di “Underdogs” all’epica “Winterlovers”, preceduta dal tiro chitarristico di “Imperial Bodybags”.

Dieci canzoni che volendo sanno stamparsi in testa (come l’orecchiabilissimo singolo “Your Love Alone Is Not Enough”, con Nina Persson ospite) ma che al di là del piacere di un ascolto e dell’ennesima conferma che la voce di Bradfield c’è sempre, come il resto dell’ultima discografia dei Manic Street Preachers non sono più capaci di fare davvero la differenza.

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