THE SLEEPY JACKSON, Personality (One Was a Spider, One Was a Bird) (Astralwerks, 2006)

Luke Steele è un pazzo. Un visionario. Un egocentrico. Un dissociato con un discutibile senso estetico. Uno che esagera. Soprattutto quando si parla di musica. E non potrebbe essere altrimenti, viste le premesse di “Lovers”, esordio del 2004 dei suoi Sleepy Jackson. Qui però il discorso va totalmente a farsi benedire e la razionalità lascia spazio ad un esplosione di musica a 360 gradi che dapprima spiazza, ma poi ammalia nel suo turbinio kitsch. All you need is Pop, sembra voler dire Steele tra le righe di questo “Personality”. 43 minuti in cui confluiscono tutte le scuole di pensiero del Wall of Sound – da Phil Spector a David Friedmann – e tutte le più caleidoscopiche influenze. Allo stato attuale delle cose, Steele sembra l’unico al mondo in grado di far convivere Bee Gees, Abba, Electric Light Orchestra e 10cc coi Flaming Lips, i Polyphonic Spree, Rufus Wainwright, Scissors Sisters e Sufjan Stevens. E il risultato è sublime, se siete avvezzi al pop barocco e non vi da nessun fastidio l’esagerazione sistematica e i suoni grassi, corposi e sovrarrangiati. Sleepy Jackson è tutto questo e molto di più. Nelle interviste Steele afferma di voler fare dischi per ogni genere musicale e che suonerà ogni giorno per tirar fuori idee nuove. Già. Peccato che qui, i confini tra generi e scuole di pensiero e filosofie varie sono già spariti. Quello che resta non è che un melodico pastone melassoso di pop totale. O lo si ama, o lo si odia. Qui lo si ama.

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