WILLIE NILE, The Streets Of New York (Evangeline, 2006)

Passano gli anni, cambiano le mode, ma certa gente proprio non se la fila mai nessuno. Certo, se pubblichi 5 dischi in 25 anni di carriera e nel frattempo ti laurei in filosofia e fai lavori normali non devi essere molto ossessionato da notorietà e guadagni proporzionati. Soprattutto quando sai di essere apprezzato dai tuoi colleghi: non solo splendidi losers come te (ad esempio Ian Hunter e Graham Parker), ma anche qualcuno che grazie alla sua musica qualche soldo in tasca ce l’ha. Bono, ad esempio, oppure Lou Reed: “Un grande album. Amo le cose che Nile ha scritto a proposito del mio idolo Bo Diddley”. E ancora Little Steven (“Willie è così bravo che non riesco a credere che non sia del New Jersey”) e Lucinda Williams (“Willie è un grande artista e se nel mondo ci fosse giustizia sarei io ad aprire i concerti per lui, e non viceversa”).

“The streets of New York” è nettamente il miglior album di Willie Nile, almeno dai tempi dell’esordio datato 1980. E’ un accorato omaggio ad una città che ha trasformato un ragazzo di Buffalo in un uomo, un uomo che riesce ad amarla nonostante i suoi occhi da forestiero ne vedano le pesanti contraddizioni. Come già un tale Bob Dylan, ragazzotto del Minnesota giunto nei primi ’60 per conquistare il Greenwich Village, saldissimo punto di riferimento per Nile (destino vuole che Jakob, figlio di Bob, suoni un po’ di tutto nell’album). Niente rivoluzioni, sia chiaro, ma si percepisce chiaramente che Nile respira, suda e vive un rock ‘n’ roll urbano altamente suggestivo, che non lascia indifferenti: da “Welcome to my head”, incipit urticante e contropelo, al tiratissimo omaggio a Joe Strummer di “Police on my back”, dalla magnifica “Back home” a “The day I saw Bo Diddley in Washington Square” e “When one stands”, perfette rappresentazioni in musica del melting pot caratteristico della Grande Mela (rifacendosi rispettivamente all’immaginario irlandese e a quello giamaicano).

Ripeto: se vi interessa trovare un nuovo Copernico girate i tacchi, ma se cercate un’ora di graffiante letteratura rock e se pensate che più della notorietà contino onestà e concretezza rivolgetevi tranquillamente a Willie Nile, l’indirizzo lo conoscete.

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