TIGA, Sexor (PIAS / Self, 2006)

Per una serie fortunata di eventi, Tiga si è trovato ad essere un alfiere inossidabile della house attuale con gli stessi strumenti del mestiere di vent’anni fa. La sua prima prova sulla lunga distanza, questo “Sexor”, dopo una serie oculata di singoli, gli ha fatto conquistare i dance floor della domenica pomeriggio e – contemporaneamente – la copertina dei giornali più indie. Cosa è successo? Che la house degli Anni Ottanta fosse stata sdoganata e avesse assunto il fascino dei simpatici dinosauri di cui si vedono le foto nei sussidiari lo si sapeva. Meno che si potesse eleggere come punto di riferimento dell’electro attuale un buon artigiano dei synth che furono come è – in fondo in fondo – il canadese.

Non che a “Sexor” manchino la funzionalità o le melodie catchy: “(Far From) Home” e “You Gonna Want Me” sono perfette eredi, probabilmente grazie alla collaborazione dei fratelli Dewaele dei Soulwax, dell’hit “Pleasure From The Bass” che il discomiusik Gamberini aveva sezionato analiticamente in tempi non sospetti qui su Kalporz. Il problema di Tiga Sontag è che gli manca quella voglia di far suonare i pezzi veramente come potrebbero suonare oggi. Sfido chiunque a buttare dentro una “High School” in un djset tutto dedicato a contemporanei di Sandy Marton e Den Harrow: difficilmente gli scalmanati in pista, quasi quarantenni che non si dimenavano più così dal Quattro Settembre 87 Concerto Di Madonna A Torino In Diretta Rai, potrebbero capire che non si tratta di roba che hanno ballato senza la giacca e cravatta che portano adesso.

Danno un po’ da fare il semplicismo (non la semplicità!) di arrangiamento, la voce mixata troppo fuori rispetto alla base sonora, i bow bow bass perennemente alla ricerca dell’elemento riuscito in “Pleasure…”, l’opera filologica di ripresa pedissequa dei suoni da Yamaha DX7. Dà ancora più da fare che si voglia far passare questo album come imprescindibile oggigiorno sotto le mentite spoglie di novità che celano il rimpianto del passato.

Certo i dj non potranno fare a meno di averlo in borsa e noi si riascolterà volentieri la minimale malinconica “The Ballad Of Sexor” o la imponente scura cover dei Nine Inch Nails “Down In It”, ma per il resto non siamo di quelli che incensano “Notte Prima Degli Esami” solo perché c’è l’effetto nostalgia in agguato. “Sposerò Simon Le Bon” è una ciofeca guardato oggi o guardato allora, come la sperimentazione della musica degli Anni Ottanta piaceva – al sottoscritto – allora ed oggi. Però andiamo avanti, per piacere, non torniamo indietro.

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