CAT POWER, The Greatest (Matador / Self, 2006)

Ascoltare Cat Power equivale sempre, per me, ad un’altalena continua di emozioni. E spesso è seccante: proprio quando credi di toccare la punta degli alberi con le dita, ti ritrovi coi piedi a terra, arrabbiato perché nessuno ti spinge più. Mi spiego? Mi spiego: vederla suonare dal vivo può essere un’esperienza grottesca, ma i suoi dischi non sono mai meno che commoventi. E lo stesso si può dire anche per “The greatest”: la prima impressione è quella di trovarsi davanti a canzoni povere, arricchite di (magnifici) arrangiamenti soul; e allora si torna ad ascoltare “You are free”, solo per scoprire che, tra le pieghe di perle come “Good woman” o “Half of you”, il soul c’era già.

Ed è allora che si inizia ad ascoltare “The greatest” con un animo diverso; questo disco non è “Dusty in Memphis” trent’anni dopo, né il patetico tentativo di salvare canzoni irrisolte affidandole agli spettacolari musicisti di Al Green: è, semplicemente, un album che scivola sottopelle come un veleno carezzevole. Queste dodici canzoni non fanno nulla per colpirti; eppure, dopo poco, ci si trova inconsapevolmente a fischiettare la melodia saltellante dei fiati di “Could we”, o a farsi stringere il cuore dalla bellezza del pianoforte della title-track (chi ne ha parlato come di un nuovo standard della canzone americana non ha sbagliato di molto), o ad ondeggiare sul country lunare di “Islands”.

E, soprattutto, Chan Marshall rimane una grandissima narratrice, soprattutto ora che ha imparato a variare le atmosfere: è incantevole quando dipinge la leggerezza degli innamorati in “Could we”, o i ritratti dei bohémien falliti in “Lived in bars”, o ancora la malinconia ubriaca nella splendida “Where is my love?” (con quegli archi così leggeri a scorrere sotto al pianoforte…). Le trame strettamente rock ricompaiono alla fine – nelle crudezze morbide di “Hate” o nelle distorsioni avvolte dal crescendo d’archi in “Love and communication” – ma, in fondo, non erano mai scomparse: semplicemente, Cat Power ha riportato alla luce il suo mondo musicale inconscio.

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