Intervista ai Midwest

I Midwest stanno per portare in tour il nuovo album (saranno a Live in Kalporz! il 12 novembre), quel “Whatever we bring we sing” che ha mostrato una band più matura e consapevole dei propri mezzi. Rispetto al già apprezzato esordio, “WWBWS” è un disco più solare, con arrangiamenti più ricchi, dove ti ritrovi anche i fiati. Un album di melodie pop dove si sente l’eco di Beatles e Beach Boys ma che ruota sempre attorno alle ballate e ad influenze folk e country. L’America per i Midwest? Ci vorrebbero ore e giorni per parlarne…


“Town & country” è stato il vostro esordio. “Whatever you bring we sing” dà l’impressione di un disco più personale. Cosa ne pensate? Quali sono state le differenze nel comporre e registrare i due dischi?

Per “WYBWS” la scrittura dei brani è avvenuta in maniera differente rispetto a “T&C”.
Abbiamo dedicato molto tempo agli arrangiamenti e alla scelta delle sonorità più adatte… abbiamo introdotto nuovi strumenti ed utilizzato fiati ed archi. Probabilmente abbiamo acquisito maggior consapevolezza riguardo la nostra musica.

“Whatever you bring we sing” è un disco molto più solare di “Town & country”. A cosa è dovuto, è stata una scelta consapevole?

Il nostro approccio alla musica e del tutto spontaneo e naturale… ci siamo resi conto dell’atmosfera più “solare” del disco solo a registrazioni ultimate. Fino a quel momento avevamo pensato solo a tirare fuori le canzoni dal loro guscio.

Gli arrangiamenti sono più ricchi, i fiati hanno un ruolo importante. Come è nata l’idea di arricchire i suoni?

Abbiamo deciso di introdurre nuovi suoni e nuovi strumenti perché erano le canzoni stesse a chiedercelo. Abbiamo dedicato molto tempo agli arrangiamenti e riguardo l’inserimento di fiati ed archi siamo parecchio soddisfatti.

fonte: www.midwesttheband.com

Alcune delle canzoni migliori del disco, “Odd fair” e “When the motor dies” ad esempio, hanno una melodia pop molto chiara. Come sono nate? Ci sono state influenze di gruppi come Beach Boys e Beatles?

Amiamo molto Beatles e Beach Boys… in generale direi che siamo molto legati a quell’idea di pop sviluppatasi nella seconda metà dei ’60. I dischi più belli, quelli che amiamo di più vengono proprio da lì. Beatles e Beach Boys sono solo la punta dell’iceberg, ci sono decine e decine di gruppi e dischi meravigliosi da riscoprire. E quando li si fa propri viene quasi da custodirli segretamente come la cosa più preziosa…

Quando è uscito “Town & country” si è parlato molto di scena di Varese. Come è adesso la situazione?

Diciamo che le amicizie più forti sono rimaste e si saldano sempre più… con altri ci si vede un po’ meno. Ad ogni modo a Varese ci sono diverse realtà interessanti, ottime band come Encode e Hormiga tra gli altri. Lo studio di registrazione “La Sauna” (luogo di incontro ed aggregazione per molti di noi) in questo momento è in fase di ristrutturazione ed ampliamento… sarà un ottimo studio di registrazione.

I vostri dischi sono pieni di ballate, di influenze di folk e country, di suoni che vengono dall’America. Ci raccontate come vedete la musica americana e l’America, quali sono gli artisti che vi hanno ispirato e vi ispirano, cosa amate dell’America.

Per parlare dell’America e della musica americana ci vorrebbero ore, giorni; è un argomento così vasto ed appassionante…
E’ come se avesse due anime ben distinte: la prima è quella del neoimperialismo capitalistico che avanza sempre più e pare inarrestabile. E’ quella per cui gli americani hanno rieletto W. Bush, è quella che ci spaventa…
L’altra anima è quella che ci affascina, ci appassiona e ci fa sognare. Quella della controcultura più ispirata e dalla grande tradizione, delle contaminazioni tra culture diverse, dei grandi spazi e dei lunghi spostamenti… Ma soprattutto quella per cui la musica è stata, è e sempre sarà parte integrante della cultura popolare (e non) dell’America.
Ultimamente stiamo seguendo il folk, il country e il pop dei 60’-70’ (in tutte le loro differenti espressioni), ma le influenze della musica americana sui Midwest sono ben più estese.