OKKERVIL RIVER, Black Sheep Boy (Jagjaguwar, 2005)

Fondamentalmente sta tutto nei primi due minuti di “For Real”. Il riff di chitarra e la voce sussurrata che diventa urlata mentre gli strumenti diventano sempre più numerosi e creano un pathos emotivo che lascia senza fiato. Ma c’è molto altro in questo ultimo (capo)lavoro a firma Okkervil River. Due anni dopo “Down The River Of Golden Dreams” i Nostri mettono a segno un album che lo supera in scrittura, maturità, esecuzione e atmosfere. L’intensità della musica si fa viscerale e i brani, undici, non sono mai stati così toccanti e ispirati.

Certo, non si sta parlando di un gruppo che si è sempre accontentato del compitino, ma è stupefacente notare come, dopo un lavoro universalmente acclamato a destra e a sinistra, siano riusciti a non perdere la testa e scrivere quello che più di un disco, sembra essere un miracolo. Ed è altrettanto bello notare come abbiano mantenuto la freschezza degli esordi – quella che Conor Oberst un po’ ha perso… ma chi ci segue sa che non ci eravamo certo lamentati – la potenza evocativa che il genere richiede e una certa drammatica teatralità un po’ alla Xiu Xiu (ascoltate “In A Radio Song”, spero di non essere l’unico a sentirci un po’ di James Stewart periodo “Fabulous Muscle”).

L’arte dello scrivere canzoni si sa, è tanto difficile quanto potenzialmente elementare e la popular music – comunemente intesa – si basa sulla ricerca e la costruzione di armonie quantomeno efficaci. Qui gli Okkervil River non fanno prigionieri e azzeccano praticamente tutte le canzoni, facendo partire l’ascoltatore in un viaggio per la provincia americana che non trova fine con i riverberi della conclusiva “A Glow”, ma si perpetua all’infinito verso nuovi lidi e nuove suggestioni. E non è solo l’incedere vagamente rock’n’roll di “Black” o il crescendo della lunga e fantastica “So Come Back, I’m Waiting”, canzone che ricorda Dylan e i padri pellegrini, Neil Young e la dichiarazione di indipendenza, George Washington e Will Oldham.

Ed questo è solo uno degli innumerevoli pregi degli Okkervil River: la capacità di essere assolutamente ancorati alla propria identità e allo stesso tempo di evocare certe atmosfere tradizionali alla Griffith che fanno pensare al sud e alla provincia tra ‘700 e ‘800. Niente di desueto però, solamente emozioni in musica e canzoni che prendono il meglio del folk, del rock, del country e del pop per diventare altro. Per diventare Okkervil River.

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