THE VINYLISTIC, I Love You (Loud Bit/Time, 2003)

Stefano Noferini goes pop? Dopo essersi fatto conoscere per un decennio abbondante come vero e proprio DJ-leader in campo nazionale (e non solo) nell’ambito dell’elettronica sperimentale ed estrema, nelle vesti di direttore artistico dell’emergente Sound4Group Noferini ha collaborato in prima persona a progetti che hanno portato la label Loud Bit a primeggiare nel settore house-commerciale.
Dopo una sequenza di successi targati The Rumbar, Marascia (“Shake It” è stato licenziato in Inghilterra dalla Southern Fried…!!), Astroboys (recentemente usciti con “The Road”, follow-up dello splendido “The Night”) e Superboy (“It’s Not Over Yet” sta per essere pubblicato in tutta Europa), da un mesetto abbondante viaggia che è un piacere sull’FM nazionale il debutto di The Vinylistic.
Trattasi dell’ultimo frutto della collaborazione nata già da tempo tra lo stesso Noferini ed il polistrumentista Gabriele Gai (aka DJ Guy, membro dei B-Floor, gruppo che ha da poco dato alle stampe l’album latin-jazz “Vida Nova”), i quali pare abbiano già pronto nel cassetto “Hot Bus”, album interamente votato alle contaminazioni tra sonorità elettroniche contemporanee e suggestioni swing-rock anni 50-&-60.
Un genere, questo, che viene coltivato con particolare perizia ed impegno da parecchie produzioni italiane dell’ultima stagione: “I Love You” (che vede come co-autore anche Corrado Niccoli, “sound engineer” della Loud Bit), grazie ai timbri retrò magistralmente clonati, alla voce calda e rassicurante del cantante (per ora ancora sconosciuto…) ed alla semplice melodia affidata all’armonica più che mai sognante, si colloca con naturalezza tra Gabin e Stylophonic, tra Jazzbit e Comedy Of Life, pur tuttavia distinguendosi per non aver dato luogo ad un remake né per aver fatto uso di campionamenti.
Un gioiellino che viaggia leggero e sospeso nell’aria, orecchiabile fin dal primo ascolto ma non per questo banale nella sua aria nostalgica, financo ironica. Proprio per questo non mi spiego lo scopo della versione “Vocoder”, cervellotica elaborazione tecnologica dell’originale, della quale conserva, come unica traccia, un loop vocale irriconoscibile, trattato ed annegato in una marea di filtri ed effetti dispensati con molta abbondanza ed assai poca grazia.

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