VIRGINIANA MILLER, “La Verita’ sul Tennis” (Sciopero Records / Mescal, 2003)

Orribili capelli cotonati. Gli anni della Milano da bere, dei giovani rampanti, del pop elettronico più becero. Gli anni ’80, già. Ma siamo davvero sicuri che fosse tutto lì? Per i Virginiana Miller, giunti al terzo album in studio, la risposta è senz’altro negativa: sono anche gli anni della loro adolescenza, con tutto ciò che questo comporta.
L’innocenza ed i ricordi di quel periodo finiscono così nei dodici teneri momenti di “La verità sul tennis”, prodotto da Amerigo Verardi, ma i Nostri non mancano di gettare uno sguardo anche alla vita com’è diventata adesso, alla Vita Adulta.
Un saliscendi di situazioni e di emozioni anima queste canzoni di pop chitarristico aggraziato e sottilmente psichedelico (si ascolti la chiusa di “Rimerende”, sequel di quella “Merenderi” già apparsa nel primo album della band, “Gelaterie sconsacrate”), accattivante e coinvolgente soprattutto nella prima parte del disco, quello perlopiù dedicato alle visioni adolescenziali.
“La verità sul tennis”, “Aerosol” e “Malvivente” sono un inizio decisamente bello, tenero nel rievocare immagini nette su cui fantasticare, dove potersi perdere nei ricordi: la tennista amata nel silenzio onanista di un adolescente, i pomeriggi interminabili passati in casa (tutto di quei momenti torna alla mente, perfino gli odori) in compagnia della TV, come nell’ottima “Un’altra sigla per Harlock” (che immagino diventerà un vero e proprio cavallo di battaglia dal vivo, con la sua lunga coda rock), o nella conclusiva “Requiem per la RAI”.
Di fronte a questi suoni aggraziati, decisamente meno efficaci sembrano essere le canzoni in cui la prospettiva si ribalta, vale a dire nei momenti in cui sembra prevalere una visione adulta e un poco cinica delle cose: la seconda parte dell’album, inaugurata dalle bizzarrie di “Turing machine”, si fa più rock nei suoni, ma meno fresca, meno accattivante, come se la magia degli episodi precedenti fosse stata sepolta sotto uno strato di disillusione. Un peccato, perché canzoni un po’ enfatiche come “Sesso non protetto”, “Telefilm”, “30” e la pur bella “Abitano la terra” (ispirata da una fonte alta, il “Profugiorum ab aerumna libri” di Leon Battista Alberti) vanno a guastare – ma non del tutto, fortunatamente – il quadro perfetto dipinto nel resto del disco.
“La verità sul tennis”, nonostante i difetti, è un disco decisamente riuscito, e i Virginiana Miller si affiancano di diritto a band come Perturbazione e i desaparecidos Baustelle (non a caso Francesco e Rachele prestano le loro voci in alcune canzoni del disco) come i nostri migliori interpreti di un pop chitarristico per niente scontato e godibilissimo.
“Non si esce vivi dagli anni ’80”? E chi l’ha detto, scusate?

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