Intervista a Cristina Donà e Davey Ray Moor

Una serata dedicata alla scrittura delle canzoni, organizzata dal Centro Musica di Modena, diventa un’ottima occasione per presentare il nuovo disco di Cristina Donà, “Dove sei tu”, in uscita il 4 Aprile. Sono presenti, oltre alla cantautrice, uno dei nomi storici del giornalismo rock in Italia, Davide Sapienza, che conduce la serata, ed il produttore artistico del disco, Davey Ray Moor, pianista e leader dei Cousteau.

Molte cose sull’album verranno raccontate nelle oltre due ore della serata, tra storie assurde (Davey che decide di produrre il disco di Cristina per colpa di un decreto post-11 Settembre che blocca il tour dei Cousteau), particolari tecnici e un’anteprima – voce e pianoforte- della title-track del nuovo disco, che si preannuncia davvero incantevole.

Pochi minuti prima dell’inizio della serata, ho avuto modo di fare una breve chiacchierata con Cristina e Davey sull’album in uscita, e sul lungo periodo di assenza di Cristina dalle scene; il risultato è la breve intervista che segue.

Da “Nido” sono passati quattro anni e…
Ecco…ho paura che tutte le interviste inizino così! (ride) …no, beh, è colpa mia se provoco domande del genere, perché se sto via per quattro anni…

Bene. Cos’è successo in questi quattro anni?
Cristina: Artisticamente è uscito un libro, ho fatto un viaggio negli Stati Uniti dove ho cercato le tracce di Springsteen e ne è nato un libro scritto da Michele Monina (God Less America, ndr), che però racconta tutt’altro (ride). E’ divertente, anche se non lo considero molto mio, anche se c’è un DVD curato da me che è più un esperimento che altro; non che io non creda in questa cosa, ma non lo considero il mio lavoro principale, ecco.

Quindi non è il tuo secondo libro, insomma.
Cristina: No, assolutamente.
Beh, ho vissuto da essere umano come tutti anche le vicende brutte che sono successe dal ’99 a oggi, anche se ci tengo a dire che però come tutti ben sappiamo, magari in modo meno diretto, di cose brutte ce n’erano anche prima, ma questa è stata in qualche modo più eclatante e ci ha colpito in modo particolare: mi rivolgo ovviamente all’11 settembre e quel periodo ha creato per me una specie di momento di cambiamento, di rivalutazione delle cose, una sorta di partenza nuova, per cui è successo che ho scritto delle cose che poi ho abbandonato e le ho riprese in un secondo tempo, mentre alcune altre le ho completamente cancellate, per cui è passato del tempo.
Una cosa che sento molto è che voglio parlare ed esprimermi solo nel momento in cui credo di avere delle cose da dire che possano essere interessanti per me, e non mi pareva di averne molte prima, quindi ho lasciato perdere.
Ho fatto concerti fino al luglio del 2001, circa una settantina di date; per me poi “Nido” alla fine è uscito nel 2000, perché ho iniziato a girare con quell’album all’inizio del 2000, mentre invece è del ’99…
É successo che ho cercato di elaborare sostanzialmente, per quanto riguarda la musica, la mia nuova strada.

Come ti ricordi sia “Tregua” che “Nido”, adesso che c’è un disco nuovo in arrivo, e cos’è cambiato secondo te rispetto ad allora?
Cristina: Beh, sono state due esperienze sicuramente diverse e molto costruttive. Il primo me lo ricordo come se fosse una cosa più pensata, più forse anche omogenea, c’è stata una pre-produzione abbastanza lunga, è stato un disco molto pensato; “Nido” ha avuto il problema della produzione, per cui lo trovo un disco più estemporaneo, ma nelle sue parti più riuscite bello per questa natura, perché ci sono canzoni come “Nido” stessa, che io amo moltissimo, che sono rimaste com’erano: è una versione live, quella, non ha avuto molte elaborazioni; sicuramente la gestione del disco è stata più difficile.
Questo disco nuovo invece nonostante sia stato elaborato in tempi molto brevi ha avuto la stessa concentrazione di energie che ha avuto il primo, secondo me è molto compatto.

Delle nuove canzoni, ce n’è una a cui sei particolarmente affezionata e di che cosa parla, visto che nessuno le ha ancora sentite?
Cristina: Guarda, la prima che mi viene in mente ma per originalità del testo, non è la canzone più bella dell’album, anzi, è quella a cui mi sto affezionando perché non piace a nessuno! (ride)
Si chiama “Triathlon” ed è una fuga di questa persona raccontata attraverso le tre discipline del triathlon, vabbè, poi la sentirai… Sono affezionata per ora a tutte, però quella lì mi fa un po’ tenerezza… (ride).

(a Davey Ray Moor, produttore di “Dove sei tu”e leader dei Cousteau)

Com’è stato lavorare con lei?

Davey: Terribile! Non ha talento, ho dovuto fare io tutto il cantato! (ride)
E’ stata un’esperienza molto felice, e mi ha ricordato quanto piacevole possa essere fare musica. Ed è stato un compito molto facile per me: era il mio primo lavoro da produttore per qualcun altro e ho dovuto prenderlo molto seriamente, perchè alla fine del lavoro dovevi consegnare qualcosa di molto professionale; è stata una grossa opportunità per me ed un grosso cambiamento. C’era un po’ di pressione nell’accettare questo tipo di lavoro e sono stato molto fortunato: una grande cantante, grandi canzoni e una grande band, ed è andato tutto a posto; un buono studio, un buono staff…la gente in Italia e molto raffinata a livello di tecniche e di apprezzamento della musica, c’è un livello molto alto! Anche gli ingegneri che lavoravano in studio erano di livello altissimo e così ho iniziato a pensare: “Questo lavoro di produttore è ottimo!” ma poi ho pensato “Oh, aspetta un attimo: se non hai un cantante grandioso, e le canzoni non sono buone, e la band non è buona potrebbe essere un incubo!” Il mio primo lavoro è stato decisamente fortunato.

Quindi ne sei totalmente soddisfatto.
Davey: Assolutamente sì!