LITFIBA, 17 Re (IRA, 1987)

Il rock italiano anni ’80 si regge fondamentalmente su una triade: il punk filosovietico e da balera dei CCCP – Fedeli alla linea, il dark d’autore dei Diaframma e il rock d’ispirazione new wave dei Litfiba. Questi ultimi, composti da Piero Pelù (Voce), Ghigo Renzulli (Chitarra), Gianni Maroccolo (Basso), Ringo De Palma (Batteria) e Antonio Aiazzi (Tastiere), dopo l’esordio molto positivo di “Desaparecido” continuano con la loro trilogia del potere, portando alla luce “17 Re”. Giunto ormai, dopo anni di militanza nell’underground fiorentino, alla ribalta nazionale, il gruppo riassume qui tutta la sua esperienza e la arricchisce, di fatto superandola.

Pur essendo ancora presenti asprezze e sporcature musicali tipiche di un gruppo autoprodotto, si notano già le gemme che porteranno al successo commerciale. Alcuni brani sono tra i migliori dell’intera scena rock italiana: “Re del silenzio”, la dolce “Vendetta”, il divertente tango di “Tango” (per l’appunto), l’incredibile incedere di “Apapaia” (“si può vincere una guerra e forse anche da solo, e si può estrarre il cuore anche al più nero assassino ma è più difficile cambiare un’idea”), “Ballata” (“solo il silenzio bianco come questa terra senza profondità mi porta dentro il respiro”), “Gira nel mio cerchio”.

Sempre divisi fra la voce profonda e gorgheggiante di Pelù e le suggestioni psichedeliche, date in gran parte dalla chitarra liquida e fluida di Renzulli e dalle tastiere impazzite di Aiazzi, i Litfiba giocano con la lingua italiana, dimostrando di saperla usare con una destrezza inferiore solo a quella dei CCCP.

E proprio con il gruppo capitanato da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni si verrà a creare una sorta di simbiosi, che porterà dapprima ad una serie di concerti insieme (uno, storico, sulla Piazza Rossa di Mosca, davanti alle autorità sovietiche) e successivamente ad una fusione: Maroccolo e De Palma abbandoneranno i compagni di ventura per entrare a far parte dei CCCP, in occasione di “Epica Etica Etnica Pathos” del 1990 – in seguito Maroccolo entrerà anche nei C.S.I. mentre purtroppo De Palma morirà -. Proprio in contemporanea con questi eventi, e dopo il tassello mancante della trilogia (il buono ma non eccelso “Litfiba 3”), il gruppo inizierà ad accusare segni di stanchezza, che verranno reiterati nel tempo, avvicinando il gruppo sempre di più ad un pop piatto e senza interesse e distaccandolo da quelle reminiscenze derivate da Cure (inequivocabile in “Oro nero” il debito con la band capitanata da Robert Smith), Depeche Mode (l’intro di “Univers”) e Siouxsie.

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