MARLENE KUNTZ, Il vile (Consorzio Produttori Indipendenti, 1996)

“Il vile” è un album difficile. Difficile sia per chi lo ascolta, sia per chi lo ha composto. Non doveva essere facile l’approccio con nuovi brani dopo il successo di “Catartica”. Ma il gruppo capitanato da Cristiano Godano, con un nuovo bassista – Dan Solo, di estrazione metal – non teme confronti e parte a raffica, buttandosi a testa bassa in una “mischia gaia di vipere”.

Al centro delle canzoni dei Marlene c’è sempre la figura di Godano, autore di tutti i testi, che passa dalla rabbia di “Retrattile” (“probabilmente meritavo di più”) al mesto ricordo di un incidente stradale nella bellissima “L’agguato”. Le chitarre come al solito sono distorte, mescolate fra loro, quasi ad inseguirsi in riff sempre efficaci e complessi, adornati da un basso potente e continuo e da una batteria originale e spiazzante.

E se nei brani più duri si evince l’asprezza della lingua di Godano – come in “Cenere” e “Overflash” – sono le canzoni d’amore a rilanciare altissimo il nome della band. “Come stavamo ieri”, “L’esangue Deborah” e “Ti giro intorno” sono figlie più che degne dell’ormai storica “Nuotando nell’aria”, anche se il punto più alto dell’intero album è la frastagliata “Ape regina”. Sempre pronta a passare dalla dolcezza alla rabbia, la voce di Godano raggiunge qui i suoi picchi, mentre il contorno sonoro è straordinariamente aderente alla filosofia del gruppo, e il ritornello irrompe improvvisamente a spiazzarci, dolce nella sua straziante atrocità (“posso fare fuori parti di voi con facilità, la mostruosità di ciò ravviva la parte cattiva che non ho avuto mai”) e alla fine Godano si svela: nasconderà con dolcezza il vuoto che è intorno, e che altri non è se non il ricordo.

Un innesto quasi punk con “E non cessa di girare la mia testa in mezzo al mare” e poi via alla distorsione, al marchio di fabbrica, via al “Vile”: «onorate il vile!», sì, onoratelo, perché altri non è se non «ordito, trama stoffa e seta». Musica tessuta coma una trama, ora distorta ora morbida come seta, i cui fili però provengono da altre nobili matasse. Perché ancora rimangono stralci di Sonic Youth, di CSI, di Butthole Surfers, di Einsturzende Neubauten, ma ora i Marlene Kuntz sono più consapevoli, ora sono loro a dover essere imitati.

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