THE WHITE STRIPES, White Blood Cells (XL Recordings, 2001)

I White Stripes, giunti con questo “White Blood Cells” al terzo disco, sono due fratelli, o almeno così dichiarano loro. Jack White canta e suona chitarra e tastiere, Meg White si occupa della batteria e saltuariamente si dedica alla voce. Nient’altro, nessun altro musicista, soltanto i due fratelli. Semplicità e tanto entusiasmo.

Ed è da gruppi come questo, o come gli Strokes, e da questa attitudine che riparte la rinascita del rock americano. Anche se i White Stripes non sono di New York, arrivano da Detroit e la cosa si sente parecchio. Le radici dissotterrate e rivitalizzate sono più antiche, partono dal blues, dal country, dal soul e si scontrano con il punk. Un po’ come la Jon Spencer Blues Explosion, ma l’atmosfera qui è meno sguaiata, più concentrata e attenta alla scrittura delle canzoni. I fratelli White ne danno prova nell’attacco fulminante di “Fell in love with a girl”, esempio scintillante di punk, nel rock’n’roll stravolto di “I think I smell a rat”, o nella scarna e intensa “Dead leaves and the dirty ground”. O ancora nel country stravolto della saltellante “Hotel Yorba” e di “Now Mary”, nel soul “I’m finding it harder to be a gentleman” e nella vena psichedelica di “The union forever”.

Dimostrando comunque una qualità di scrittura sorprendente Gli esempi più fulgidi “The same boy you’ve always known”, una melodia incantevole che riporta alla mente i Big Star e “We’re going to be friends”, splendida ballata acustica che avvicina Elliott Smith.

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