MARK B & BLADE, The Unknown (Wordplay/Source, 2001)

Questo cd era pronto già da fine 2000, ma accidenti è disponibile solo da qualche giorno. L’attesa è stata lunga, e cosa aspettarsi? I due signori in questioni sono inglesi. L’hip hop inglese in un miracolo di grazia, di recente. Kalporz ha già accolto i The Nextmen, gli Unsung Heroes. Garanzia di qualità quanto volete, ma Mark B e il suo dj han fatto tutto in casa. Scritto e prodotto in Inghilterra. Che vuol dire che non c’è stata nessuna etichetta americana a dare il sigillo di qualità. Okay, se li sono persi, peggio per loro.
Lo stile è americano. Non è per forza una buona notizia. La prosperità delle scene locali rende un servizio all’hip hop. Radicazione e dialetto sono un valore aggiunto del rap, se non proprio un dovere statutario. Forse lo sono stati, ma basta passato. Mark B & Blade di americano hanno flow e carica. Che è poi la cosa più sorprendente, la carica delle rime e l’impeto dell’mc’ing. Mark B inanella versi, urla, si appassiona. E l’hip hop sembra tornato qualcosa di importante. I mistici, e i bravi ragazzi del jazz, dovranno vedersela con l’intensità di questo ben strano duo. Sembra strano parlare di passione e Inghilterra insieme. Tant’è, “The Unknown” scotta.

Era del tempo che non si sentiva roba del genere. Specie in Europa. Lo stesso vale per le basi. I campioni vanno dal jazz a James Brown, non oltre. Solo che da uno che fa del jazz nell’hip hop, e del soul, ci si aspetta qualcosa di posato. Falso. Il lavoro di scratch cattura il contrabbasso e la chitarra e li asserve al rap. C’è un’anima old school, nel beat di Blade. Insieme a piatti, batteria, contrabbasso e chitarra torna a sentirsi lo scratch. Sono banditi i lenti. Deve essere un album divertente, nel senso classico. ‘Divertente’ nell’hip hop diventa subito ‘potente’. Massiccio e veloce, se non proprio party. Oppure party, sì, ma come si fa a New York. L'”edutainment” di KRS ONE, si avvicina alla tensione di questo beat. E siamo a Manchester, UK…

Le prime quattro vi stenderanno. A fare il pignolo, “The Long Awaited” recupera il calo di ritmo di “Back in the Day”, uno strano intruso funk. Ma niente. Non c’è la traccia da skittare in “The Unknown”. Sessanta minuti gonfi di stile, che potranno piacervi tutti oppure no. Ma ricordate, le prime quattro vi stenderanno.

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