MANFRED MANN, The Five Faces Of Manfred Mann (EMI, 1964)

Grandissimo primo capitolo per la seminale band rhythm and blues inglese, la quale prende il nome dal suo barbuto tastierista sudafricano, silenzioso leader di una formazione che presenta come front-man probabilmente il più dotato cantante R&B britannico, Paul Jones. Queste “Cinque Facce Bianche” innamorate di musica nera americana si propongono con un album che si divide quasi a metà tra composizioni originali (perlopiù uscite dalla fantasia di Jones) ed appassionati tributi a pezzi di storia di Oltreoceano. Cavalli di battaglia come “Smokestack lightning”, “Hoochie coochie” e “I’ve got my mojo working”, interpretate praticamente da tutti i grandi bluesmen storici, sono affiancate da pezzi altrettanto efficaci firmati da questi Bianchi Per Caso; “I’m your kingpin”, il meraviglioso strumentale “Mr.Anello”, “You’ve got to take it”, a loro volta si trasformano in classici senza età. Quello che in ogni caso impressiona maggiormente nei Manfred Mann è l’estrema perizia strumentale ed il trattamento conseguente della bollente materia musicale, la quale si piega ad uno stile impagabilmente leggero ed aereo, anche grazie all’introduzione di strumenti legati soprattutto alla tradizione jazz come i fiati e lo spiazzante xilofono, protagonista di favolosi assoli firmati da quel fantastico percussionista di nome Mike Hugg. La ciliegina su questa irresistibile torta è, come già accennato, la voce potente, malleabile e pastosa di Paul Jones, il quale metterà il suo timbro sulle migliori stagioni del quintetto.

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